CON-TE-STARE

di Ruggero Mariani

Quando un NO bendetto fa crescere la comunità

Pensieri e parole son dell’uomo il potere

sempre con gli altri si può ragionare

trovare insieme le cose più vere

se le mura dell’odio potete saltare!

Se fare questo voi non saprete,

sarà per voi ogni suono un inganno,

lingua e ragione voi perderete…”

Problemi di comunicazione esistono anche in Sette Punti Neri, come ammonisce la filastrocca nel Racconto della genziana! Vi assicuro che, qui in Abruzzo, la radice di quest’erba di montagna, opportunamente trattata, contribuisce certamente a favorire la comunicazione e a risolvere conflitti… ma quanti ne nascono, quanti fraintendimenti nelle nostre mirabili Comunità Capi, per una parola non detta, o detta male, o per una frase inconsapevolmente ambigua che può essere interpretata in modo diverso da persone diverse?

Ritengo che la comunicazione sia un’abilità (competenza?) che richiede pratica e un costante miglioramento, e se Valeria Leone nell’articolo Te lo dico con cura a pagina 16 aiuta a comprendere come le parole che scelgo raccontano la persona che sono (si è ciò che si comunica!), potremmo provare a coltivare un atteggiamento “proattivo” anche nelle nostre Comunità capi. E penso che ne valga davvero la pena, anche se tale esercizio può costare all’inizio fatica. Perché tra il silenzio che genera i mostri delle cose non dette, o il rischio di dire cose che magari neppure pensiamo, ferendo la sensibilità dell’interlocutore, io sceglierei la via di nutrire e di sviluppare questa competenza, con i suoi codici e linguaggi. Perché comunità è cura delle relazioni, è fiducia, sempre; è “stare con te” anche nel “con-te-stare” duramente!

I conflitti possono emergere per varie ragioni: differenze di opinione, contrasti personali, divergenze sulle strategie educative, e così via (ognuno può elencare la propria casistica…); la sfida è nel saperli gestire, ed è una sfida che può determinare il successo – cioè la sana crescita – di una comunità che non si è costituita a casaccio, ma che ha scelto di servire i più piccoli per amore.

Basta ricordarsi alcune semplici cose, approcciando con un giusto stile, in modo fraterno, cioè in un modo che esprima l’amore e la cura per chi mi è accanto e ha scelto di camminare con me, e non il giudizio.

Ascoltare e comprendere il punto di vista dell’altro, prestare attenzione a ciò che si dice e a come lo si dice (anche con lo sguardo, con la corporeità…), comunicare in modo chiaro e rispettoso, mantenere un atteggiamento aperto e collaborativo (anche quando siamo chiamati a prendere decisioni impopolari, o a dirci dei “no” in modo appropriato), sono minime strategie che possono aiutare a gestire i conflitti. Il fine è raggiungere e ottenere un buon equilibrio, una comunità che sa generare un linguaggio del “noi” invece dell’“io”, e che rafforza i legami di cooperazione nella quotidiana dialettica della relazione.

«Sarei certo di cambiare la mia vita / Se potessi cominciare a dire “noi”», cantava Gaber. Anche da come sapremo utilizzare le parole – come ponti o come pietre – dipenderanno le prospettive future delle nostre comunità, se spegneranno o accenderanno la fiducia, se motiveranno o disincentiveranno, se favoriranno o inibiranno, apriranno o chiuderanno possibilità, influenzando indubitabilmente la storia collettiva e quella individuale dei suoi appartenenti.

E allora scegliamo il Manifesto della comunicazione non ostile. Nato nel 2016 da alcuni professionisti per contrastare i linguaggi d’odio in Rete, ParoleO_Stili è un progetto che si è evoluto nel tempo diventando uno strumento che può aiutarci in modo facile e piacevole. Esso enumera dieci principi di stile tranquillamente applicabili – in caso di bisogno – per comunicare meglio, non solo nelle nostre Comunità Capi ma anche in molti altri ambiti, dalle “strutture” associative, al lavoro ecc… (https://paroleostili.it/manifesto/). Perché le parole non ci siano da inganno, per non perdere lingua e ragione.

[Foto di Alessandro Gregnanin]

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