Il Risiko del territorio

di Alessandro Vai

Non dobbiamo fare la fine della Kamtchatka. Nel Risiko delle forze educative presenti sul territorio, dobbiamo capire quale è il nostro posto rispetto alle grandi super-potenze in gioco: famiglia, scuola, realtà di paese/quartiere, parrocchia.

E come per tutte le nazioni un po’ piccole, ma non subalterne, tessere delle buone relazioni è molto importante. La Kamtchatka si può anche perdere al primo giro del gioco, a patto di un’occasione in più per i nostri ragazzi vissuta a fianco di altre realtà educative. La Comunità capi ha appunto il compito di realizzare e tenere vive queste buone relazioni con il territorio. Tutti, in comunità, contribuiamo a questo aspetto. Sia praticamente – le conoscenze di ciascuno ampliano l’orizzonte collettivo – che a livello ideale. Ciò che faccio oggi con l’uniforme addosso ha un impatto sulla storia di una relazione – pensiamo a quella tra gruppo e parrocchia – nei tempi a venire, quando un altro capo prenderà il mio posto.

La capacità di costruire queste relazioni nasce dalla comprensione che noi da soli, per rispondere ai bisogni dei ragazzi, non bastiamo. E che proprio mettendo questi bisogni sul tavolo assieme ad altri, nel rispetto del carisma e dello stile di ciascuna delle forze in gioco, si può capire se c’è spazio per lavorare insieme. Queste relazioni nascono spesso a livello personale, ma diventano uno stile della Comunità capi solo quando si coltiva un costante atteggiamento di apertura e curiosità, partendo innanzitutto dai Capi gruppo. Tanti esempi positivi in questa direzione ci sono. Ad esempio, i percorsi di iniziazione cristiana condivisi tra parrocchie e gruppi, dove catechismo e attività scout non si incastrano nella settimana di bambini e ragazzi, ma contribuiscono parimenti a realizzare una proposta unitarie di vita alla luce del Vangelo. Altri esempi molto diffusi hanno per protagonisti i ragazzi delle nostre comunità R/S, che si affiancano col proprio servizio all’impegno delle realtà del Terzo settore, spendendosi in nuovi contesti al di fuori dell’associazione.

Relazionarsi con le altre forze educative del territorio è sicuramente impegnativo. Tuttavia, il vero problema è quando l’interlocutore manca. Pensiamo alle situazioni famigliari complicate, dove ci rendiamo conto che il capo scout o lo staff da soli rimangono uno dei punti fermi della vita di un ragazzo. Non solo quel capo, ma tutta la Co.ca. accusa il peso della responsabilità di queste situazioni. Se ci sentiamo impreparati, forse non servono tante riunioni extra con troppe parole e pensieri, ma dobbiamo chiedere aiuto. A qualcuno con più esperienza e che ci vuole bene, cercando nella comunità di famiglie, in parrocchia, in Zona, tra i responsabili di altri servizi. Qualcuno a cui chiedere una mano per vederci meglio in un frangente così delicato. E spesso lo troviamo in chi ha condiviso qualcosa di significativo con noi in passato.

Come sempre c’è qualche rischio. Da un lato, quello di rimanere come Comunità capi un po’ chiusi su di sé, perché in fondo giocando in casa si sbaglia meno. Dall’altro, quello di dire di sì a tutto e tutti, replicando esperienze simili e forse poco costruttive per il cammino dei nostri ragazzi. All’ennesima richiesta di servizio d’ordine alla festa del paese si può dire anche di no…. Superando qualche scoglio iniziale, qualche porta chiusa e qualche fraintendimento, si ha poi la fortuna che queste relazioni diventino amicizie. Le realtà incominciano a essere dei volti e dei nomi e così anche noi per loro. Le suore vincenziane del pacco viveri diventano “suor Giovanna”. E noi, da scout, diventiamo Alessandro, Francesca, … E credo che ciò rappresenti davvero un salto di qualità. Una comunità capi con tanti amici sul territorio è più ricca, perché ha tante persone da cui può imparare molto. Col tempo è anche più pronta a dare una mano, quando riceve una telefonata di aiuto. In altre parole riesce a costruire una proposta educativa più prossima al territorio a cui appartiene e a rispondere con un servizio sincero – senza nascondersi, ma senza strafare- ai bisogni dei ragazzi con cui condivide un pezzo della propria strada. E così se anche i carriarmati degli altri occuperanno la nostra Kamchatka, possiamo essere certi che arriveranno con i cannoni riempiti di fiori.

TERZO SETTORE TAKE
 IT
 EASY

Parola chiave: ETS… sarà il solito acronimo AGESCI? Non icordo bene cosa significhi… Ente Terzo Settore. Dal 2017 è stato emanato un decreto a cui tutte le associazioni come la nostra potevano aderire, e noi lo abbiamo deciso in sede di Consiglio generale. Adesso dobbiamo giocarci, così come siamo soliti fare con i nostri ragazzi. Ricordiamoci che l’obiettivo primario del nostro agire è l’educazione e nell’educare pensiamo anche all’economia. Educhiamo onesti cittadini. Dobbiamo formarci per essere dentro il Terzo Settore e scacciamo via l’idea dell’impossibile, così come B.-P. ci ha insegnato. Allora, partiamo! Dal 1° ottobre 2021 la regola base è: teniamo bene il bilancio di gruppo, con un metodo semplice messo in atto dagli Incaricati nazionali e regionali all’organizzazione. Un modello di bilancio caricato su Buona strada. Accedi e vedrai come, tramite tutorial e semplici istruzioni, quella cosa spaventosa chiamata bilancio sia invece divertente e facile da comprendere. E facciamo il verbale che sarà il custode della memoria. Quindi i passi sono: ogni spesa la documento, la conservo e la carico nel file. Il gioco è fatto. E ricordati sempre che chi ti è vicino ti guiderà!

Scrivici: info@agesci.it

Roberta Battistini Incaricata nazionale all’organizzazione

[Foto di Martino Poda]

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