A come armatura… si intona alla sera quando il branco va a riposare. Nei mesi passati questa armatura la desideravamo per noi e i nostri cari, nei giorni in cui la pandemia sembrava sovrastarci. Poi è stato necessario fermarsi, chiudersi. A casa, al lavoro e con il nostro servizio. Lockdown: di noi stessi, della nostra quotidianità, dei nostri progetti.
Sappiamo bene che i programmi agli scout spesso sono da modificare. Non per la nostra disorganizzazione, proverbiale più che sostanziale, quanto perché riconosciamo l’importanza di adattarci a una realtà in evoluzione, come la comunità che sta vivendo un campo o una route. Difficilmente potremo però correggere il tiro pensando solo al futuro. La tentazione è quella di cercare una soluzione pronta all’uso, di trovare respiro in una linea guida, magari leggendo un possibile scenario operativo. Come capi, viviamo oggi con inquietudine il limite della nostra fedeltà alla proposta scout. L’attività in sicurezza sarà certamente il presupposto, ma il cuore dovrà essere rivolto a altro.
Non mettiamo da parte i giorni passati, rileggiamoli invece e inventiamo il futuro come donne e uomini, come cristiani, nelle comunità, nelle università, al lavoro e come capi-educatori nel nostro servizio. Ricominciamo a sognare per noi stessi e per ciascuno di coloro che ci sono affidati (ricordate che fra le Strategie Nazionali di Intervento – Sni 2017-2020 c’è anche il Sogno?). Qual è il mio sogno su Edoardo? E su Valentina? Allora le occasioni di servizio che vivremo non saranno solo la realizzazione di un’attività, ma torneranno a essere, seppur semplici e brevi, il luogo in cui volere bene a ciascuno di loro, nonostante tutto.
Con onestà possiamo dirci che la strada non è facile, ma siamo sicuri, ce la possiamo fare! Innanzitutto mettiamo in gioco la nostra fede. Proprio in un sogno Abramo manifesta a Dio la sua paura di una vita infeconda, senza eredi. Ma «Dio lo condusse fuori e gli disse: “Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle (…) tale sarà la tua discendenza”» (Genesi 15, 5). Torniamo a farci guidare dal sogno di Dio su di noi, che ci tira fuori dalle nostre ansie e fatiche, ben al di là dei nostri progetti razionali. Che bello pensare a un Padre che sogna per noi e i nostri ragazzi!
Coltiviamo poi uno sguardo che trasforma. Viviamo in pienezza il presente, provando a leggerne i segni e sognando ciò che potrebbe diventare. Qualche anno di servizio ci rivela che i nostri Gruppi e le esperienze che proponiamo, pur partendo con il piede sbagliato, spesso si trasformano, maturano, fioriscono, oltre le nostre aspettative. Perché non dovrebbe succedere anche questa volta?
Tanti esempi di questo impegno a sognare per i nostri ragazzi sono rimbalzati in Rete in questi mesi. Fragili e stanchi ma con gli occhi pieni di vita ricominciamo, «perseverando sulla strada dei sogni» (Christus vivit, papa Francesco). Pensare agli altri, ai piccoli, in tutte le accezioni, sarà il modo per noi di rimetterci in cammino.
…sotto le coperte, tutte le parole, fanno capriole e nuove storie inventerò
Foto di Martino Poda
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