«Quando guardate, guardate lontano, e anche quando credete di star guardando lontano, guardate ancora più lontano». B.-P.
Non è stato facile. L’emergenza da Covid-19 ha cambiato abitudini, pensieri, bisogni, esigenze, ha lasciato segni indelebili nei cuori e nella mente. Allo stesso tempo ha anche dato a noi tutti la possibilità di rielaborare il passato, vivere il presente, costruire il futuro, custodire un “oggi”, tanto straziante quanto unico e senza precedenti, diventare protagonisti e costruttori di un futuro diverso, trasformandolo da “mistero” in “nuova alba”.
Siamo stati chiamati a rompere schemi, modalità, abitudini per aprirci e immaginare un mondo diverso, per “fare nuove tutte le cose”, come leggiamo nell’Apocalisse. Papa Francesco, il 27 marzo in una piazza San Pietro mai vista così vuota, ci ricordava che «non siamo chiamati a ripartire per tornare alla normalità di un’età dell’oro che in realtà non lo era, ma a ricominciare. Le narrative della ripartenza sono dannose, perché tendono naturalmente a ripristinare equilibri che invece devono cambiare. Serve un nuovo inizio». Un inizio dove essenzialità, speranza, fraternità, legalità, giustizia, capacità di riconoscere la superfluità di alcune sicurezze e il valore delle cose essenziali, gratitudine per i doni ricevuti, grandezza nel superare le difficoltà, coraggio nell’annunciare il Vangelo, diventino i nostri compagni di viaggio.
E questo “nuovo inizio” per l’Associazione, e quindi per noi tutti, significa proseguire il nostro servizio che si fonda su quei valori e muove dai medesimi. Certo, i bisogni educativi dei ragazzi sono diversi, le priorità per adulti, adolescenti e bambini sono cambiate, le modalità attraverso le quali possiamo relazionarci si sono modificate. Ma questo non deve spaventarci, né spingerci a mettere in discussione le scelte: il nostro Metodo, lo sappiamo, offre la possibilità di dare spazio all’immaginazione/fantasia/elaborazione. È nei momenti di crisi che occorre manifestare, senza esitazione e dubbi, ma con gioia e vocazione, la nostra identità, la nostra adultità, la consapevolezza di ciò che siamo e di ciò che vogliamo diventare.
D’altronde sempre il nostro fondatore diceva «quando la strada non c’è inventala». Essere educatori è un modo di essere e testimoniare la fede, un modo per vivere la carità ed esprimere la speranza in un futuro che è lo sviluppo del progetto di Dio sulla storia degli uomini. Essere educatore è una scelta, seria e impegnativa, che cresce in un cammino personale e comunitario. Tutto comincia con l’iniziativa di Dio. È Lui che chiama, l’uomo ascolta e risponde. E come abbiamo risposto nel lockdown custodendo la relazione educativa, così oggi siamo chiamati a rispondere per far sì che per noi, per i ragazzi e le famiglie, sia sempre un “nuovo inizio”, l’inizio di una vita accolta, accompagnata, vissuta come dono, sempre e comunque. In questo dimostriamo di essere figli di un solo Padre, di essere parte di un progetto, in questo possiamo dire di “fare nuove tutte le cose”.
Buona strada!
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