Serve un cuore grande, il nostro

di Valeria Leone

«Achille guarda le stelle
Ma proprio non le capisce
Si chiede perché ogni cosa su questa terra
Prima comincia e poi finisce. […]

E domani comincia la scuola
Ma lui proprio non ce la fa
Achille certe notti dentro al letto
Pensa al mondo come sarà
A poterlo sapere
A poterlo vedere
».

Comincia così un brano di Brunori Sas. Con il piccolo Achille nel suo letto, a pensare a un futuro che non riesce a immaginare. Nei mesi scorsi forse ci è capitato tante volte di sentirci come Achille. Ma poi siamo cautamente ripartiti, ci siamo preparati o abbiamo gettato le basi per provare a essere preparati in vista del nuovo anno. L’anno del “finalmente”, del “si ricomincia”, del “si ritorna in caccia, in volo, all’avventura, sulla strada”. In un momento storico in cui la situazione sociale incide profondamente sul nostro modo di fare attività, condizionandolo parecchio, potremmo avere l’impressione di non essere liberi di scegliere cosa fare con i nostri ragazzi e come. Potremmo sentirci ingabbiati in attesa di nuove indicazioni, sperandole a maglie più larghe delle precedenti. È vero che non sappiamo come sarà il futuro, però possiamo arrivarci preparati chiedendoci come vogliamo essere. Che capo voglio essere con i miei bambini e con i miei ragazzi, alla luce di quanto abbiamo vissuto e in virtù del tempo che condividiamo, incerto per tutti, grandi e piccoli?

Mia figlia ha recuperato a luglio le lezioni di nuoto rimaste in sospeso. Alla seconda lezione ha trovato un’altra insegnante. Conoscendo le reazioni di Silvia davanti alle persone che non conosce e il suo amore/timore nei confronti del nuoto temevo rinunciasse alla lezione. E, invece, l’insegnante sconosciuta le si è avvicinata e le ha detto: “Dietro la mascherina ho un sorriso per te, anche se non lo vedi”. Lei ha sorriso timidamente e con il cuore alleggerito l’ha seguita. È un esempio tra tanti, ma la delicatezza di quel gesto in un contesto chiassoso e dinamico come quello di una piscina, mi ha emozionata.

Non sappiamo come sarà il futuro, ma possiamo scegliere come essere noi in quel futuro. Possiamo vestirci di un sorriso, possiamo avvicinarci con delicatezza ai nostri ragazzi, accogliendone le parole e i silenzi, le fatiche e le conquiste. Lo facevamo anche prima, ne sono certa. Ma in un momento come questo c’è ancora più bisogno di noi. È tempo di riscoprire la nostra vocazione educativa e di contribuire – seriamente, concretamente e semplicemente – alla crescita dei giovani del nostro Paese. È vero che dobbiamo seguire le disposizioni, è vero che alcune cose sono diventate più complicate e che ad altre dovremo rinunciare, ma dobbiamo avere il coraggio di ri-sognare il nostro stare insieme e il nostro abitare un tempo e un luogo – ora più che mai – condivisi. E soprattutto possiamo scegliere che capi vogliamo essere, prima ancora di pensare a che cosa possiamo fare.

«Quelli che arriveranno
Chissà come saranno
E se avranno le stesse tue mani
Se saranno più alieni o più umani
E se avranno le solite gambe, le solite braccia, le solite facce
Ma chiuso nel petto magari
Un cuore più grande

Un cuore gigante» (Brunori Sas).

Foto di Martino Poda

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