[di Nicola Mastrodicasa]
Esistono nella nostra Associazione quelli che io definisco i MANTRA associativi. Avete presente? Sono quelle parole d’ordine, quei concetti ricorrenti che in certi momenti storici della nostra vita associativa ritornano e diventano degli assoluti inscalfibili. Dico, avete presente? Li mettete in un progetto e quello diventa inattaccabile. Li citate in una chiacchierata e tutti vi capiscono. E magari vi sorridono: avete toccato il tasto giusto. Andate a Zona e se ne parla. Andate alla riunione di comunità capi e il capogruppo cita un articolo che ne parla, e vorrebbe che quel Mantra fosse un cardine del vostro progetto educativo di Gruppo.
Non sto criticando di per sé i contenuti dei MANTRA associativi (di alcuni, almeno). Spesso sono un gran bene: sono come dei fiumi sotterranei che attraversano tutti i livelli dell’Associazione, tutte le Zone e i Gruppi, permettono di sottolineare qualcosa che nelle nostre attività e nelle nostre riflessioni è già presente ma con un linguaggio che coglie e rilancia le novità del presente. Altre volte richiamano verità profonde e ricche del nostro metodo e con semplicità lo riportano alla nostra attenzione. O aiutano nel confronto.
La tripletta OSSERVAZIONE – DEDUZIONE – AZIONE (d’ora in avanti ODA, per comodità) io la vivo un po’ così. Come un Mantra, con una sua utilità innegabile ma con un rischio che diventi tutto e poi, come spesso capita, un niente. Da fiume sotterraneo ad acqua fresca.
È un concetto noto, “superchiaro”. In certi momenti storici associativi è tornato di moda e ha aiutato davvero a guardare con occhi attenti il nostro specifico modo di intendere lo scouting.
Ma poi abbiamo cominciato ad appiopparlo talmente a tutto che ha rischiato di non significare più nulla.
Logico: l’ODA è una modalità con cui funziona il cervello umano, per forza è applicabile a qualsiasi cosa. Ma non è che rischiamo di farlo diventare un Mantra fatto di puro suono, senza sostanza?
Allora, come lo si vivifica l’ODA, come lo si rende profondo e non pura successione di parole vuote? Be’, il punto è proprio questo. Non esiste un modo e dobbiamo prendere coscienza che non esiste un modo. Come tutti i Mantra, va reso profondamente personale e autenticamente vero. Cioè, l’ingrediente mancante è quanto di personale riusciamo a introdurci. Voglio dire: siamo noi stessi gli attori dell’osservazione di una esperienza vera e vivificante, aperta. Siamo noi stessi che da essa ci lasciamo interrogare e che cambiamo attraverso di essa. Ciò che mi ha insegnato lo scautismo (e se lo traduco in inglese… direi lo Scouting) è che funziono da educatore quanto più riesco a sentire mie (in autenticità e verità personali) le modalità che pretendo di “far muovere” dentro ai ragazzi.
Bel modo, ogni volta, di porre delle domande e poi pretendere le risposte dagli altri. Lo so.
Qualche tempo fa, la Branca E/G si è ritrovata a ragionare proprio sullo scouting. Molte le premesse e tanti e interessanti i risultati del percorso (se volete, cercate gli atti del Forum sullo Scouting “Semplicemente Scouting” del 2009). Premessa fondamentale è che abbiamo bisogno di tornare a fare cose all’aperto, di usare le mani e i piedi. Ma che questo non è Scouting. Esplorare, abbiamo detto in quell’occasione, non è recarsi in luoghi nuovi, ma accogliere il cambiamento generato in me dall’esperienza di scoprire nuovi luoghi.
Ecco perché in quell’occasione abbiamo introdotto la C dopo l’ODA. Cioè dopo l’OSSERVAZIONE-DEDUZIONE-AZIONE abbiamo pensato che il processo fosse completo con un quarto “momento/movimento”: la CONTEMPLAZIONE. Bella forza. Sfuggire dal Mantra, semplicemente allungando il vecchio Mantra…
Nell’invito al Forum, dicevamo che il contemplare è la capacità di sapersi fermare e guardare il frutto della propria opera per rileggere il percorso svolto.
A riprenderlo in mano oggi, può fornire sostanza al nostro Mantra.
Contemplare è la celebrazione di un percorso. È la consapevolezza che nella nostra proposta scout, quello che cerchiamo di fare è suggerire occasioni e modalità che siano naturali, che aiutino i ragazzi a vivere esperienze e a rielaborarle con parametri non “alieni”, altri o stranianti (come l’ODA), ma che poi questo funziona quando incontri un senso profondo, un riconoscimento nella parte più intima e vera di noi stessi, quando ci riveli per quello che siamo. Contemplare è contemplare quello che abbiamo vissuto, gli altri che ci hanno accompagnato, il nostro cambiamento, la bellezza che caratterizza il nostro essere.
Dunque. Respira e ripetiamo insieme: OSSERVAZIONE – DEDUZIONE – AZIONE, OSSERVAZIONE – DEDUZIONE – AZIONE. E una vocina dietro: CONTEMPLAZIONE. OSSERVAZIONE-DED… … …
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