Dalla preda al volo, gli strumenti per raccontare la propria felicità
«Girò sui talloni e si allontanò insieme al lupo solitario! E alzando gli occhi verso le stelle si sentì felice» Le storie di Mowgli – La tigre! La tigre!
Cos’è quel sentimento che Mowgli definisce felicità?
Soprattutto in questo tempo la parola felicità sembra infrangersi contro muri invalicabili, stradine sempre più strette, porte ormai chiuse. Da ogni parte della terra si eleva un grido di dolore, che sicuramente non ha il sapore della felicità, quel sapore che invece “gustiamo” spesso nelle nostre piste, lungo i nostri sentieri. La sapienza biblica ripete: “Dove c’è un uomo o una donna, c’è ricerca di vita, desiderio di felicità”. La felicità, quindi, è la prima vocazione dell’uomo: un desiderio insito in noi, come una pulsione e una forza che scaturisce dal nostro profondo. Fame, sete, respiro, sonno sono istinti e bisogni di ogni animale, mentre la felicità, l’amore, il senso della vita sono da ricercare, da desiderare.
«La ricerca della felicità è comune a tutte le persone di tutti i tempi e di tutte le età. Dio ha deposto nel cuore di ogni uomo e di ogni donna un desiderio irreprimibile di felicità, di pienezza. […] La parola beati, ossia felici, compare nove volte in questa che è la prima grande predica di Gesù (cfr Mt 5,1-12). È come un ritornello che ci ricorda la chiamata del Signore a percorrere insieme a Lui una strada che, nonostante tutte le sfide, è la via della vera felicità» Messaggio di papa Francesco, XXX GMG
La felicità è qualcosa di semplice, è qualcosa di cui non si ha una ricetta prestampata, non è una operazione algebrica o una definizione da vocabolario, non è taglia unica che va bene per tutti. La felicità è per ognuno e ognuno la sperimenta nella propria vita, attraverso le esperienze di ogni giorno. È in questo, apparentemente semplice, quotidiano che si radica il nostro cammino, la nostra scelta di essere capi educatori, che desiderano essere felici per educare i nostri lupetti e coccinelle a vivere appieno la felicità.
«Mi sentii più sollevato, vedendola a suo agio nell’acqua con le altre… ognuno di noi ha un suo posto, è lì che sarà felice» Sette Punti Neri – La corsa verso il mare
È nell’acqua salata che la tartaruga Guscio Rugoso trova la felicità più completa. C’è un ambiente privilegiato che possiamo immaginare ideale per la nostra felicità?
I bambini percepiscono la felicità anche attraverso la felicità degli adulti. Se i genitori, gli educatori, gli adulti di riferimento, sono felici della propria vita e soddisfatti di loro, questo si ripercuote sulla felicità dei bambini. Questo è un aspetto che spesso gli adulti sottovalutano. Noi vecchi lupi e coccinelle anziane abbiamo la possibilità di testimoniare la felicità e far comprendere ai fratellini e alle sorelline che essa è come la gioia nel bosco, che non vuol dire semplicemente stare sempre bene, non è un continuo stato di euforia, ma trovare un equilibrio dentro di sé, in modo tale che ad ogni cosa che accade, positiva o negativa che sia, generi un cambiamento, sia trasformativa.
«Credo che il Signore ci abbia messo in questo mondo meraviglioso per essere felici e godere la vita» Ultima lettera di B.-P. agli scout
La ricerca della felicità ha a che fare con le scelte che i bambini fanno per capire chi vogliono essere e cosa vogliono costruire nella loro vita. Questo è alla base della qualità del nostro stare in relazione con loro. È mai capitato che un fratellino o una sorellina ci chiedesse in maniera diretta o indiretta (parafrasando un noto film di Aldo, Giovanni e Giacomo): «Chiedimi se sono felice. Voglio che tu me lo chieda, voglio raccontarti la mia felicità».
Lasciamo spazio ai nostri lupetti e coccinelle per esprimere e raccontare la loro felicità? In che modo e con quali strumenti? Ne abbiamo moltissimi, diciamo tutti! Pensiamo, ad esempio: all’avvistamento e definizione delle prede e dei voli da parte di ogni bambino; alla libertà di donarsi gratuitamente nella B.A. come testimonianza concreta de il lupetto/la coccinella pensa agli altri come a sé stesso/stessa; ai momenti nei quali la comunità di branco o di cerchio celebra la promessa di un lupetto o di una coccinella, la conquista di una specialità, il passaggio di tappa, il ritorno da una Piccola Orma, un compleanno; alla vita sacramentale, dove la nostra felicità si tinge di mille colori nell’incontro con Gesù.
Uno dei termini dai quali deriva la parola “felicità” è il verbo greco φύω, che significa produco, faccio crescere, genero. Sembra proprio che felicità sia un sinonimo di educazione: generare, coltivare, e avere cura.
Educare alla felicità è quindi un impegno, un lavoro trasformativo interiore, per i bambini e per i capi con i bambini, realizzabile grazie all’aiuto di relazioni profonde, significative, vere.
[Foto di Pietro Favaretto]
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