Da una fede per convenzione a una per convinzione.
Con Don Mario Castellano facciamo il punto sulla trasmissione della fede.
Oggi tre quarti dei ragazzi lasciano l’iniziazione cristiana appena ricevuta la Cresima
Nella prassi consolidata la catechista (sì, per lo più donna) prepara ai sacramenti quasi che fosse l’unico l’obiettivo. Succede così che, una volta ricevuta la Cresima, i ragazzi si sentano autorizzati ad andare via. A lungo si è pensato che fosse la catechesi in sé a essere diventata vecchia. Troppo scolastico l’impianto del Catechismo di Pio X in cui si imparavano a memoria le definizioni filosofiche – chi è Dio? -, tralasciando l’aspetto «Chi è per te Dio, nella tua vita?». È per questo che dagli anni ’70, sotto la spinta del Concilio Vaticano II, viene redatto il documento Il Rinnovamento della Catechesi e si inizia a pensare alla catechesi esperienziale: un percorso in cui trovano spazio le esperienze, la Parola di Dio, la vita. Fratel Enzo Biemmi, presidente dell’Equipe Europea dei Catecheti, fa il punto a partire da questa constatazione: abbiamo investito tante energie nell’educazione alla fede dei ragazzi ma la maggior parte di loro appunto lasciano. Nonostante il superamento di una catechesi dottrinale, che cercava di insegnare le verità della fede, in favore della catechesi esperienziale, i ragazzi abbandonano lo stesso. Il problema non è dunque né il contenuto né il metodo. Stiamo vivendo un cambiamento epocale per cui non bastano piccoli cambiamenti (sedie frontali o in cerchio?). Oggi nessuno è “naturalmente” cristiano per il sol fatto di essere stato battezzato: si diventa cristiani se lo si desidera. E allora siamo chiamati tutti a vivere da cristiani attraverso la conoscenza di Cristo. I sacramenti sono solo delle tappe per portare alla pienezza in Cristo, attraverso la testimonianza della comunità. Comunità che deve essere testimone dell’amore e dell’amicizia, deve raccontare l’Incontro: accogliere e non svendere ciò che siamo.
Passare da un cristianesimo per convenzione a uno per convinzione
Siamo chiamati in causa come comunità credente, che deve diventare credibile, attraente, generativa. Una comunità che non deleghi ai catechisti il compito di annunciare. Comunità di famiglie in carne e ossa, non ideali. Serve una comunità capace di generare alla fede non facendo proseliti ma per attrazione, proprio come i primi cristiani! I pagani di loro dicevano: «Guarda come si amano! Voglio anche io unirmi a loro!». Oggi chi ci incontra dopo la Messa o fuori dalla sede, ci vede sorridenti? Saremmo più attrattivi se trasmettessimo questa gioia. Non occorre essere “esperti della fede” ma testimoni. Senza pensare se siamo o meno idonei al ruolo. Certo essere competenti è un valore, ma non dobbiamo dimenticare che «Dio non è un insieme di teorie, norme e morale. Ma l’incontro con una persona che mia ama» (Benedetto XVI, Deus caritas est). E allora catechesi sarà anche andare a fare la spesa per qualcuno e magari lasciare un pasto sospeso! Accompagnare un ministro straordinario a portare l’Eucaristia a un malato, portare cura e amore: anche questo è fare catechesi.
Alcune esperienze virtuose già avviate
Ci sono Diocesi come quella di Brescia, Cremona e Padova che vivono l’esperienza della catechesi con impianto catecumenale (vedi nota CEI Incontriamo Gesù): un cammino globale e integrato, fatto di ascolto della Parola, riti, fraternità ecclesiale, testimonianza di vita e carità, in cui è dato spazio a tutto ciò che precede e segue i sacramenti. E quindi può essere vincente tornare con i ragazzi su figure bibliche come i profeti, o i giovani dell’Antico testamento dei quali ripercorrere la storia. Lo stile deve essere quello del discernimento e dell’accompagnamento personale: non c’è da arrivare al “dunque”, ma serve stare vicino alle persone. Già questo è annuncio! Gesù così ha vissuto: camminava, andava a mangiare a casa di qualcuno, si fermava a parlare, rispondeva alle domande. Nella libertà e nel rispetto dei tempi di ciascuno, annunciare l’incontro (kerigma). Così facendo si può anche “rimettere in ordine” i sacramenti: nasco alla fede (Battesimo), cresco e ricevo forza dallo Spirito Santo (Cresima) e mi nutro di Eucaristia (comunione). E poi bisogna che i ragazzi si inseriscano nella comunità, coinvolgendo soprattutto i genitori, spesso altrettanto affamati di confronto e conforto. Bisogna pensare anche a momenti con e per le famiglie. Nel dialogo con Marta e Maria, Gesù ci dice che Maria si è scelta la parte migliore (l’ascolto e la contemplazione) e che questo non le sarà tolto, non perché meno faticoso o “superiore” ma perché questo atteggiamento le servirà a fare “meglio” il resto: preoccuparsi delle cose di casa, preparare. E se le famiglie non vivono queste due dimensioni quotidianamente, sarà la Catechesi l’occasione per sperimentare.
E noi, cosa possiamo fare
Non dobbiamo farci tentare dalla delusione dei ragazzi che vanno via, quanto chiederci cosa si stanno portando dentro: magari la bellezza dell’Incontro. Probabilmente saranno adulti che sapranno mettersi in discussione avendo più strumenti: ascolto, condivisione, capacità di affidarsi. L’ AGESCI come associazione può avere una marcia in più nell’iniziazione cristiana. Vedere i capi che credono in qualcosa è già un primo annuncio! Puoi anche non dire nulla di teologico, ma per i ragazzi vedere come stiamo insieme fa molto. E deve essere stimolo per fare meglio. Questo vuol dire che i capi non potranno sentirsi arrivati e non potranno fare a meno della frequenza dei sacramenti. I sacramenti sono tappe per arrivare alla fede adulta. Se un capo non viene a Messa, dove si nutre? Il suo impegno non basta, serve la grazia di Dio. Quella con Dio è una relazione e come tale va curata… serve frequenza!
Don Mario Castellano
È vicario episcopale per l’evangelizzazione e la pastorale della diocesi di Bari-Bitonto che, nell’ambito del Sinodo sulla sinodalità, sta lavorando proprio al tema dell’iniziazione alla vita cristiana.
[Foto di Nicola Cavallotti]
Un commento a "CATECHISMO: SI PUÒ DARE DI PIÙ"
Sìlvia 12 Maggio 2023 (1:36)
Bellissimo e interessante….da realizzare un momento di formazione e riflessione in comunità capi
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