“Insieme, diversi e appassionati”, i passi del Brescia 14 sulla strada del dialogo interreligioso
Intervista a don Fabio Corazzina, Assistente Ecclesiastico Brescia 14
Da oltre dieci anni, l’associazione cammina sul tema del dialogo interreligioso e dell’accoglienza. Eppure, tanti gruppi faticano a coinvolgere nelle unità ragazzi provenienti da famiglie con diverse appartenenze religiose. Dal 2011, quella del Brescia 14 è una delle esperienze sul campo in merito a questo cammino, non limitandosi ad accogliere all’interno del proprio gruppo ragazzi di altre religioni, ma cercando di valorizzarle all’interno dei percorsi di fede e le catechesi. Ci racconta l’esperienza don Fabio Corazzina, parroco di Santa Maria in Silva e assistente ecclesiastico del gruppo.
Quali sono stati i primi passi per intercettare ragazzi che, per appartenenza e frequentazioni, non avrebbero mai bussato autonomamente alla porta della sede?
Partiamo dicendo che viviamo un quartiere che è già fortemente multiculturale, dove pensiamo che l’alto tasso di disagio economico e sociale renda ancor più necessario e urgente, rispetto ad altre zone, l’incontro tra persone di diverse appartenenze religiose e culturali. Con questo sguardo siamo partiti con una “classica” analisi d’ambiente, per verificare se una proposta scout potesse essere interessante per chi viveva il territorio. Quindi abbiamo incontrato insegnanti, assistenti sociali, parroci e – siccome c’era anche la moschea e una forte comunità sikh – i rappresentanti di queste comunità molto presenti nel quartiere. Solo dopo questi primi incontri, essenziali, abbiamo scritto una bozza di progetto e l’abbiamo poi rivista nuovamente insieme ai genitori interessati. Fin da subito il gruppo è nato quindi con famiglie di diverse provenienze culturali e religiose. Non pensiamo che il nostro progetto possa essere esportabile o essere “la” strada, probabilmente in un’altra zona sarebbe stato diverso, pensiamo però che la nostra possa essere “una” strada percorribile.
Generalmente, anche nei gruppi che accolgono ragazzi di altre provenienze, prevale la logica del «Prendiamo tutti, basta che si adeguino alla nostra proposta cristiana, per quanto di base». Voi cercate di fare un passo ulteriore…
Non ci sembrava né educativo né sensato portare ragazzi musulmani a Messa “perché il gruppo ci va” ma al contempo riconosciamo come sia importante e irrinunciabile far crescere questi ragazzi insieme e far sì che le rispettive appartenenze vengano conosciute e rispettate. Così abbiamo deciso di dividere i momenti di spiritualità, ci sono momenti comuni alle diverse espressioni religiose che si svolgono comunitariamente, e altri momenti che si svolgono a gruppi separati, cercando comunque di far dialogare tra loro i ragazzi. Vediamo che, così facendo, i ragazzi sono incuriositi e stimolati a raccontare il valore di una fede vissuta più che fissata in formule. Pensiamo che la fede, in quanto tale, non possa che essere un cammino di libertà, nessuna imposizione può aiutare in questo percorso. Non si negano le rispettive identità, e come capi, non nascondiamo la nostra scelta cristiana, ma si lascia che le appartenenze dialoghino e respirino liberamente, mettendo al centro i punti in comune più che le differenze, ricercando anche momenti di preghiera comuni o un luogo, come la “tenda di Abramo”, al campo, riconosciuto da tutti come uno spazio per la spiritualità. È il percorso che pensiamo ci inviti a intraprendere Dio, non sempre semplice come stare “chiusi nel proprio recinto”. D’altra parte, tutti i gruppi accettano senza problemi la presenza di ragazzi che rifiutano un’appartenenza religiosa, perché dovremmo sentirci attaccati da chi un cammino di fede lo vuole fare, anche se diverso dal nostro?
E al momento della Partenza?
Noi viviamo la Partenza come momento in cui scegliere come collocarsi, aprirsi e muoversi nel mondo. Eppure tante volte viene ridotta quasi a un “passaggio” dalla branca R/S alla comunità capi. Come sono stati riscritti in passato alcuni punti del metodo, penso che anche nella Partenza ci siano margini di cambiamento su cui si possa ragionare, perché sia più evidente la differenza tra il momento della Partenza, che potrebbe anche non essere strettamente legata a una scelta di fede specificatamente cattolica, a quello dell’ingresso in comunità capi. Ma non vogliamo prendere iniziative di rottura, pensiamo sia essenziale condividere ogni nostro passo in zona e in Associazione, certamente ci sembra positivo quanto riportato sul documento sull’accoglienza presentato al Consiglio Generale, dove si sottolinea che, alla Partenza, si possa chiedere anche ai nostri ragazzi/fratelli di altre religioni di impegnarsi da adulti nel loro cammino di fede e di esserne testimoni.
Giudicate positivamente l’aver aperto un gruppo AGESCI, anziché creare una realtà tutta “vostra”, sapendo che in Associazione avreste incontrato “le critiche di quelli che avrebbero voluto fare la stessa cosa, di quelli che volevano fare il contrario e di quelli che non volevano fare niente”?
Certamente sarebbe stato più “semplice” fare da soli, mentiremmo se dicessimo di non aver dovuto superare diverse resistenze, dovendo difendere le nostre scelte diverse volte, anche all’interno dell’Associazione. Ma pensare di avere capito tutto, di essere migliori degli altri e di non aver bisogno di nessuno è un modo di ragionare da “movimenti” leaderistici e non è una modalità che appartiene alla storia della nostra Associazione, che è sempre cresciuta nel continuo confronto democratico tra le diverse sensibilità presenti sul territorio. Pensiamo sia essenziale sperimentare e abbiamo scelto di farlo senza ipocrisie, ma non vogliamo farlo da soli. Certo, scrivere un progetto, condividerlo e verificarlo insieme, di tappa in tappa è faticoso. Ma pensiamo sia anche l’unico modo serio per cercare il meglio per i nostri ragazzi dal punto di vista educativo. La ricchezza del patrimonio pedagogico dell’Associazione ci permette un insostituibile confronto continuo, la comune passione educativa permette di superare i pregiudizi che impediscono a molti di valutare la percorribilità di strade nuove, senza nessun altro scopo se non quello di fare “del nostro meglio” per porci al servizio dei ragazzi e della loro crescita nel quartiere in cui vivono.
——
L’Osservatorio nazionale sull’accoglienza dei ragazzi di altre religioni
Quella del Brescia 14 è una delle esperienze riportate nella nota “Accogliere, accompagnare ed educare i ragazzi di altre religioni” presentata all’ultimo Consiglio Generale. Dalle buone pratiche di questi gruppi prosegue il cammino e lo sforzo di accoglienza interreligiosa dell’Associazione, una scelta esplicitata fin dal Patto associativo: “[…] Come Associazione di frontiera, che spesso rappresenta per molti ragazzi l’unica occasione di ricevere un annuncio di fede. In una realtà sempre più multiculturale cogliamo come occasione di crescita reciproca l’accoglienza nelle unità di ragazze e ragazzi di altre confessioni cristiane, nello spirito del dialogo ecumenico, e di altre religioni, nell’arricchimento del confronto interreligioso, un dono che interroga l’Associazione su come coniugare accoglienza e fedeltà all’annuncio del messaggio evangelico”. Per agevolare questo percorso è nato un “Osservatorio nazionale permanente” che, coniugando sensibilità pedagogica e metodologica, continuerà a raccogliere la sfida di comprendere come accogliere concretamente il bisogno non solo spirituale, ma anche religioso, di ogni bambino e ragazzo e accompagnare come cristiani alla pienezza di ogni esperienza religiosa.
Il documento si trova all’indirizzo bit.ly/Altrereligioni
Nessun commento a "Camminando s’apre il cammino "
I commenti sono moderati.
La moderazione potrà avvenire in orario di ufficio dal lunedì al venerdì.
La moderazione non è immediata.
I tuoi dati personali, che hai fornito spontaneamente, verranno utilizzati solo ed esclusivamente per la pubblicazione del tuo commento.