[di p. Fabrizio Fabrizi sj]
La riunione di co.ca è terminata da qualche minuto e il clima al suo interno non è esaltante; musi lunghi e tesi, molti non vedono l’ora di voltare pagina. Eppure l’occasione era delle migliori, dovendo decidere riguardo ad un impegno avvertito come importante da tutti i capi, i quali si sentivano mossi da un forte desiderio di giungere ad una scelta condivisa ed entusiasmante. E invece …., si è giunti sì a una decisione, ma nel frattempo coesione ed entusiasmo sono andati persi per strada!! Situazioni come questa possono presentarsi, prima o poi, nella vita di una co.ca; ma avvalendosi dello strumento della verifica, i capi possono crescere nella consapevolezza degli atteggiamenti di base, delle condizioni e delle fasi del buon decidere insieme. Partendo dalla presa di coscienza dello stato d’animo prevalente al proprio interno – di serenità o di tensione – al termine di un’importante fase decisionale, la co.ca può risalire ai fattori che lo hanno generato, prestando particolare attenzione alle dimensioni coinvolte nel dinamismo decisionale. Infatti, il processo decisionale maturo e competente non si risolve nell’applicazione asettica di specifiche procedure standard, quanto piuttosto richiede in coloro che vi sono coinvolti la maturazione di taluni atteggiamenti interiori e di talune abilità operative, sia a livello individuale che di gruppo. Più precisamente, il processo decisionale coinvolge globalmente la persona nel suo orizzonte valoriale, nel suo dinamismo cognitivo-emotivo, nella sua capacità progettuale. Evidentemente, mi riferisco a decisioni di una certa importanza, che sollevano un dibattito circa possibili soluzioni alternative e legittime, che non sia il semplice scegliere tra tè o caffè la mattina a colazione!
Il processo decisionale coinvolge l’individuo o il gruppo anzitutto nel suo quadro valoriale di riferimento, per cui quanto più chi è chiamato alla decisione avrà maturato e interiorizzato la propria mappa valoriale di riferimento, tanto più esso svilupperà un’intelligenza interpretativa (cognitiva ed emotiva) abituale e quasi spontanea, senza doversi continuamente riferire ad un codice esterno. Come capi scout AGESCI, Il desiderio fondamentale e la mappa valoriale che alimentano la nostra azione educativa è espressa dalle tre scelte fondamentali – scelta scout, scelta cristiana, scelta politica – contenute nel nostro Patto Associativo, le quali, sole se diventano una stabile mentalità valutativa e progettuale, conferiscono senso al nostro decidere in situazione. Lasciare il mondo migliore di come lo abbiamo trovato, più solidale e più giusto, cooperando in tal modo con Dio nell’essere segno di fraternità, di pace e di speranza, qualifica il nostro impegno, caratterizzato non soltanto dagli indicatori dell’efficienza e dell’efficacia, ma soprattutto da quelli della gratuità, dell’inclusione sociale, della promozione umana, della condivisione.
Gli atteggiamenti o disposizioni interiori stabili (virtù) corrispondenti a tale quadro valoriale e più direttamente implicati nel processo decisionale sono quelli della fiducia, dell’umiltà, dell’onestà, del coraggio. La fiducia qualifica l’apertura positiva all’inedito della vita e della realtà, come occasione di crescita nell’autonomia e nella responsabilità, per realizzare progetti originali di costruzione del bene comune. Se manca questa disposizione fondamentale di liberalità e positività, qualsiasi processo decisionale è già in partenza condizionato dall’atteggiamento difensivo, di chiusura del capo riguardo all’esplorazione di nuovi sentieri progettuali. D’altra parte, per evitare di assumere posizioni assolutiste o intransigenti è bene che, nell’affrontare il processo decisionale, il capo maturi anche l’atteggiamento interiore dell’umiltà, come coscienza del proprio limite e come rispetto della complessità della realtà, senza per questo cedere né al qualunquismo né al pessimismo. Come pure, ciascun capo è tenuto all’onestà verso se stesso e verso gli altri, ad essere cioè congruente con il proprio sentire interiore autentico, senza fingimenti e ambiguità, nell’accoglienza e nel rispetto della posizione elaborata dagli altri capi della co.ca. Non ultimo, in quanto apertura e disponibilità all’esplorazione dell’inedito, l’atteggiamento corrispondente alla ricerca del bene possibile da attuare è quello del coraggio che, di fronte all’incertezza e al rischio, scorge la bellezza della possibilità di osare.
Passiamo ora a considerare le abilità operative per una buona decisione. Il processo decisionale è valido quando la dimensione cognitivo-immaginativa, quella emotivo-affettiva e la dimensione spirituale della persona e del gruppo sono coinvolte e poste in dialogo tra di loro. Così, la dimensione cognitivo-immaginativa esaminerà con profondità gli aspetti in gioco nelle opzioni alternative tra le quali scegliere, considerandole e valutandole in prospettiva, anche dal punto di vista valoriale (= dimensione spirituale). Mediante la dimensione emotivo e affettiva, il singolo capo e la co.ca sono chiamati a collocarsi interiormente negli scenari prospettati dalle soluzioni alternative, verificando quali risonanze interiori producono dentro di sé: il grado di maggiore o minore serenità e gioia, maggiore o minore voglia di intraprendenza e iniziativa, oppure di maggiore o minore tristezza, maggiore o minore senso di passività. Inoltre, proprio perché aperto positivamente all’inedito, è importante che ciascun capo mantenga un’equidistanza interiore rispetto alle soluzioni alternative prese in esame. Iniziare il processo decisionale avendo già una marcata e indiscutibile preferenza verso l’una o l’altra opzione, significa ricercare esclusivamente delle conferme alla propria convinzione, non lasciando che la posizione alternativa possa emergere nella sua verità e nella sua plausibilità.
Ma, in concreto, che fare? Come affrontare un processo decisionale che rappresenti anche per la co.ca un’effettiva esperienza di crescita nel servizio? Anzitutto devono essere soddisfatte due condizioni fondamentali:
Veniamo alle fasi che caratterizzano un processo decisionale funzionale. Chiarificato e precisato l’ambito e l’oggetto preso in esame dalla co.ca, si procede alla raccolta ampia e dettagliata delle informazioni, in modo da far emergere potenzialità e limiti delle soluzioni alternative, con un’attenzione particolare data anche all’esplicitazione dei bisogni, delle competenze e delle capacità attuali della co.ca o del proprio Gruppo. Segue, quindi, la fase della riflessione e valutazione personale, lasciando che ciascun capo possa collocarsi emotivamente ed affettivamente (oltre che spiritualmente) negli scenari alternativi, soppesando i motivi a favore e contro l’una o l’altra opzione. E’ importante precisare che nella valutazione personale non deve necessariamente prevalere l’opzione con il maggior numero di motivi favorevoli, dal momento che spesso a fare la differenza non è la quantità ma la qualità delle ragioni a favore dell’una o dell’altra soluzione. Solamente quando tutti i capi hanno maturato personalmente una propria personale decisione, si passerà alla fase della condivisione e dell’assunzione della scelta da parte della co.ca. Nel caso in cui la co.ca perviene a una decisione a maggioranza, è importante che dell’opzione scelta vengano messi in rilievo gli aspetti condivisi da tutti i capi.
In definitiva, ogni processo decisionale è un’occasione privilegiata per i capi per crescere non soltanto nella coesione interna e nella propria capacità progettuale ed operativa, ma soprattutto nell’autenticità profonda del proprio essere, perché soltanto assumendo in modo rinnovato ed originale la propria identità specifica, si potrà lasciare una traccia significativa in quella porzione di mondo nella quale ci si trova collocati: «Nel vostro passaggio in questo mondo, che ve ne accorgiate o no, chiunque voi siate e dovunque andiate, state lasciando dietro di voi una traccia. Altri la noteranno e potranno seguirla. Può essere una traccia che li conduce al bene, oppure può portarli fuori strada. Ciò dipende da voi» (B.P.).
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