Cara Redazione,
volevo condividere con voi una lettera per la mia coca che ho scritto di getto una notte pensando alla verifica di fine anno. Racchiude sentimenti contrastanti, ma vivi e veri. L’amore per lo scoutismo è una cosa difficile da spiegare ma a volte è altrettanto difficile continuare a camminare su quei sentieri percorsi tante volte perché le cose intorno cambiano.
Mi rendo conto di avere una visione integralista e ancor peggio di non essere disposta a cambiare idea su come vedo io la figura di un capo.
A volte, durante questi anni, ho avuto l’impressione che “l’idea di capo” che in molti hanno è diversa dalla mia; spesse volte mi sono interrogata su quanto senso avesse rimanere in coca se la direzione presa (associazione compresa) è molto scostante dalla mia idea del capo…
Sono cresciuta come capo con il pensiero che essere capo (e non fare il capo) significasse sacrificio… ma non sacrificio in senso negativo, sacrificio come quello di Gesù sulla croce…
Sacrificio per amore…
Sacrificio come donare del tempo.
Come donare competenza.
Come togliere cose… che non significa non sostenere esami, non lavorare, non fare un viaggio… significa anzi programmare, organizzare, rispettare gli impegni presi che poi non è nient’altro in più rispetto a quello che chiediamo ai ragazzi…
E quindi mi chiedo perché con facilità lo chiediamo ai ragazzi e non lo facciamo noi? Perché quando abbiamo un’attività, magari programmata, decidiamo di saltarla perché abbiamo delle scadenze? Le scadenze, così come le attività, le sapevamo da tempo… Cosa è mancato? Quali sono le mie priorità?
La risposta, per la mia visione del capo, è sempre i ragazzi.
I ragazzi sono il motore dell’associazione e devono sapere che siamo lì per loro.
Non esistono capi di serie a o serie b. Il ragazzo, così come il genitore, deve poter essere sicuro di star parlando con una persona adulta e responsabile… Non deve chiedere a più persone per avere una risposta valida ed esaustiva.
Il capo è autorevole, non autoritario. Autorevole nel senso che viene rispettato perché lo merita, non perché vuole a tutti i costi avere rispetto assumendo atteggiamenti discutibili. Non bisogna aver paura del capo né essere il suo migliore amico… Il capo è un fratello maggiore. Il ragazzo può confidarti i suoi segreti perché si fida ma tu non devi confidargli il tuo o sparlare di qualcuno… Puoi berti un bicchiere di vino ma non ubriacarti con lui…
.. ci sono momenti e momenti per fare tutto… Sicuramente una sigaretta prima di mettersi in cammino per 10km non è la scelta più giusta da fare e tu, capo, seppur fumatore incallito, devi farglielo capire perché a te il ragazzo sta a cuore…
Se hai lasciato un’unità, rispetta il lavoro di chi ti è succeduto… se sei venuto dopo, rispetta ciò che è stato fatto. È nella natura umana criticare ma bisogna anche capire quando è il momento di farsi da parte.
Cura i rapporti con le famiglie, tutela i membri della tua comunità capi, anche quando non condividi il loro modo di fare. La correzione è fraterna quando si fa con il diretto interessato, non quando se ne parla alle spalle. Non chiediamo forse questo ai ragazzi?
Non urlare… A volte basta un dito alzato o il silenzio per attirare l’attenzione… I ragazzi lo sanno… Ma soprattutto si abituano alle urla e non le ascolteranno più…
Sii presente! Non trascurare niente ma soprattutto non trascurare te stesso e la tua formazione. Abbi cura del tuo essere capo, mettiti in discussione, non temere le critiche e non temere si farle. Stai attento ai modi…
… Il capo deve avere una missione: unità, gruppo, zona, regione, ognuno ha la sua. Attento a quanti piedi metti in una sola scarpa, rischi di starci stretto ed inciampare.
Divertiti con i ragazzi, non divertirti da solo! sorridi perché alla fine, nonostante tutto, fai una cosa che ti piace…
E ricorda che tutto quello che fai deve avere un senso… Tutto col gioco niente per gioco ci ripetiamo spesso… Ma quante volte ti sei soffermato su queste parole? Quante volte hai organizzato un gioco senza una finalità educativa? Quante volte…Vabbé divertiamoci? È questo lo sforzo che viene chiesto al capo, divertirsi sì ma mandando un messaggio…
Il gioco dello scoutismo è meraviglioso… Ma, per i capi, non è un gioco soltanto. È impegno, responsabilità, rispetto, cura, attenzione, amore… E, se riesci ad impegnarti, assumerti responsabilità, avere rispetto cura ed attenzione con divertimento e gioia, avrai tra le mani il segreto della felicità e dell’essere capo… Dhe poi è tutto racchiuso in un’unica parola: amore.
Giulia
“Gli articoli della sezione “La parola ai Capi” sono opinioni personali dei singoli autori. Non rappresentano la voce di Pe né di AGESCI”.
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