Quale Pace?

QUALE PACE

Tutti ne parlano, pochi la conoscono. Sfugge ai grandi consessi, si mostra in situazioni nascoste. Pare inafferrabile ma può essere più vicina che mai. E quando si spande silenziosa, fa assaporare una profezia di pienezza. Parliamo della pace, quella che nell’ultimo anno è stata ripetutamente auspicata, desiderata, implorata.

Ma di quale pace parliamo? Quella che si conquista con la prepotenza o quella che si coltiva a partire da noi stessi? Se è facile dirsi donne e uomini di pace, meno scontato è esserlo. La pace non si inculca, non si ottiene con la forza, non è mai armata. Non basta invocarla da dietro uno striscione o dal divano.

Mi piace pensare come la pace universale prenda letteralmente corpo attraverso le mani e i piedi di ciascuno di noi. Artigiani di pace, dice il documento approvato dall’ultimo Consiglio Generale, che trovate in allegato a questo numero di Pe, non “invocatori di pace”.

Oggi nel mondo i conflitti in atto sono quasi 170. Cosa fare, noi che ci diciamo cristiani e ci impegniamo per essere e per crescere “buoni cittadini”? In questo numero proviamo a capirci di più partendo da noi, dall’essere adulti pacificati che sanno vivere relazioni vere con gli altri, per arrivare al mondo e al nostro abitarlo anche come associazione. Per una AGESCI che riconosca da che parte stare e persegua la strada dell’educazione e dell’evangelica nonviolenza con caparbietà.

Mi ha incuriosita accorgermi come la Bibbia parli del seme della pace (Zaccaria 8,12). Un seme, appunto, non un albero rigoglioso. Un seme va piantato, annaffiato e curato, sapendo che se crescerà sarà stato grazie a noi (qualche volta, nonostante) ma grazie anche alla pioggia, al sole, allo Spirito.

A tutti sarà capitato di sentire gli ultimi aggiornamenti dall’Ucraina e finire di inzuppare il pane nel caffelatte quasi come se nulla fosse. Non abituiamoci, mai. La guerra non porta altro che guerra. A tutti sarà capitato di assistere o prendere parte a qualche diverbio in cui passare dai toni accesi all’alzare le mani è un attimo. Ma è anche un attimo custodire quel semino di pace, offrendo uno sguardo controcorrente, azzardiamo pure: gentile. A tutti sarà capitato di vivere un “campo di scelta politica” in cui per noi, i rover e le scolte passare dalla sensibilità per quel che si vede al tornare a casa dimenticando tutto, è un attimo. Ma è anche un attimo annaffiare quel prezioso semino lasciando aperto un pezzo di cuore. Anzi, tutto. Ogni giorno siamo noi a fare la differenza, a scegliere da che parte stare, con chi stare, dove andare. «Sì, ma verso dove?»: così don Pino Puglisi invitava i giovani alla consapevolezza di sé e delle proprie scelte. Lo scorso 18 luglio, in corteo a Palermo con tante e tanti di voi a 30 anni dalle stragi mafiose di Capaci e via D’Amelio, la direzione dell’essere Sentinelle che sul Territorio si fanno #memoriaoperante era chiara. Questo numero di Pe nasce da lì, dall’essersi sentiti popolo in cammino e, soprattutto, dall’aver incontrato persone che su Giustizia, pace e nonviolenza non devono spendere una parola, perché basta guardare alla loro vita, a come incarnano le scelte che la orientano. Quando il cuore, i piedi e le mani operano in armonia, offrire la nostra parte e chiedere a chi ci rappresenta nei tavoli politici, economici e sociali di fare altrettanto, un mondo di giustizia, pace e nonviolenza non è più impossibile. cominciamo da noi stessi e dal modo in cui educhiamo. Quante volte “la guerra” parte già dentro di noi, quante volte la coscienza fa a pugni con i compromessi che ci paiono inevitabili. Non è immediato, ma è il cammino più proficuo che possiamo percorrere. «Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio» (Matteo, 5,9). Ci basti questo versetto.

Buona Strada!

Buona strada!

Laura Bellomi @laurabellomi

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