Nell’estate passata, in luglio, è stata diffusa su Facebook l’iniziativa di una serata a tema “Libertà di Educazione e Famiglia” con l’intevento dell’avv. Gianfranco Amato, presidente nazionale dei Giuristi per la Vita, organizzata a Levanto, in Liguria, dai Giuristi per la vita e dal Gruppo Agesci Levanto 1.
In pochissime parole, la posizione dei Giuristi per la Vita è contro la cosiddetta teoria gender e di denuncia contro i rischi di dissolvimento della famiglia tradizionale.
Nel clima, diciamo, “non felice” che accompagna da mesi in Italia ad ogni livello il confronto sociale e politico, ma anche educativo e pastorale ecclesiale, sulla famiglia, sugli omosessuali, sull’adozione, sul gender, anche la notizia di un tale evento così locale è “rimbalzata” per qualche giorno con un certo seguito e ha acceso contrapposizioni pubbliche da social network, che rispecchiano probabilmente quelle sorte in tante realtà (tutte?), in Comunità Capi, Gruppi, Parrocchie.
Semplificando: c’è chi ha attaccato tale iniziativa come omofoba e quindi con il tono: “…non è possibile che l’Agesci dopo la Carta del Coraggio ecc.”; c’è invece chi ha difeso l’iniziativa perché l’Agesci può solo considerare (e difendere) la famiglia tradizionale.
Attirato dallo scambio di posizioni così franco, ho posto però l’attenzione su un dettaglio della questione legato alla comunicazione, che però a mio giudizio contribuisce non poco a generare incomprensioni e tensioni di cui spesso potremmo fare a meno a favore di confronti più fruttuosi. Infatti l’iniziativa è stata in capo ad un Gruppo (il Levanto 1) come si appura approfondendo oltre al volantino o locandina di pubblicità, non ad un altro livello associativo (Zona o Regione o nazionale). Tuttavia la comunicazione circolata in un primo momento faceva effettivamente uso del logo Agesci senza altri dettagli, quindi non faceva comprendere immediatamente il reale contesto: un conto infatti è il peso di un Gruppo, un conto di una Regione o dell’Agesci nazionale.
Da questa considerazione sulla vicenda ho fatto una riflessione più generale, che propongo: appare davvero utile continuare a diffondere tra noi capi un’attenzione costante all’uso corretto del logo e del nome Agesci di volta in volta, consapevoli del fatto che esistono già linee guida (da ribadire, da ricordare).
Inoltre l’uso del logo e del nome Agesci deve sempre richiamarci, come tante altre cose (l’uniforme, le bandiere, le insegne…) ad una responsabilità collettiva e comune, di per sé mai del tutto limitabile al proprio Gruppo o addirittura solo a se stessi, anche quando le comunicazioni sono chiare. Nella sostanza, però, un tema importante richiamato dagli elementi più esteriori e ben più complesso e aperto, è la gestione dell’autonomia e della posizione dei Gruppi, delle Zone, delle Regoni tra loro e rispetto al livello associativo nazionale. PE potrebbe aiutare prossimamente dando qualche contributo saggio a proposito?
Grazie! Federico
Risponde Chiara Panizzi, caporedattrice di Proposta Educativa
Caro Federico,
certo che non si dovrebbe usare il logo Agesci per sottolineare delle posizioni personali, e che si dovrebbe diffondere fra i capi la coscienza che l’immagine associativa possa attraverso tutti i nostri atti, prese di posizione ecc, che si dovrebbe sottolineare e specificare bene se siano personali, del Gruppo, o di qualsiasi altro livello associativo…
Si dovrebbe anche avere coscienza che siamo “immagine associativa” quando andiamo in giro con le nostre unità!
Mi piacerebbe tanto dirlo anche ai capi di quel clan che domenica 26 luglio è entrato nella chiesa di Santa Maria Maggiore alle 11,15 abbigliati in un modo al limite del decoroso, con dei fazzolettoni piuttosto malconci al collo: eravate voi l’immagine dell’Agesci quella mattina. Da che mondo è mondo, anche se si è in route, nelle città e soprattutto a Messa ci si presenta in uniforme perchè siamo responsabili non solo del nostro clan, ma dell’immagine dell’Agesci di fronte agli altri.
Il problema è che non tutti i capi sono sensibili ai problemi comunicativi. Nonostante sia in atto un lavoro di sensibilizzazione della base da parte sia degli incaricati alla comunicazione sia a livello nazionale che regionale, in questo campo continuiamo a fare fatica.
Grazie della lettera,
Chiara
Un commento a "Chi governa l'immagine dell'Agesci?"
Enzo Cuppone - CT18 29 Ottobre 2015 (11:32)
Grande risposta Chiara! Non so comunque se c’è un metodo per risolvere la questione…. Io però mi domando: se metto il logo e metto gruppo scout XX sto comunque esponendo l’AGESCI? Io penso di si, ma non so se tutti la pensano come me soprattutto chi tira in ballo la questione della indipendenza di azione e pensiero della Comunità Capi. Mi piacerebbe sentire il parere di tanti su questo “spinoso” argomento.
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