Le parole e i modi dicono di noi
«Ho bisogno di parole, di parole scelte sapientemente» è uno dei versi di una poesia di Alda Merini, una delle più note poetesse italiane. È un verso che mi risuona spesso, anche per via dell’avverbio “sapientemente”, perché mi ricorda quanto siano preziose le parole e come vadano scelte con cura.
Le cose che diciamo, le cose che scriviamo, ma anche le cose che pensiamo, sono contenuto ma anche forma e questi due aspetti sono fortemente connessi. Quante volte ci sarà capitato di scusarci per “una cosa detta male”, per un pensiero espresso con il “tono sbagliato”, per un commento brusco perché istintivo, frutto di un momento di nervosismo o stanchezza. E quante volte, magari, alcuni di questi pensieri o commenti parlavano di noi o erano rivolti a noi.
Le parole che riceviamo (ma anche quelle che diciamo o scriviamo) sono capaci di abitarci a lungo, di echeggiare tra i nostri pensieri anche a distanza di anni, talvolta sono così potenti da convincerci che siamo la definizione che è stata data di noi, l’errore che ci è stato imputato, la mancanza che ci è stata fatta notare, la cura che non ci è stata riservata.
E allora ecco, vorrei dirci che le parole vanno scelte sapientemente, che hanno bisogno di tempo per essere trovate, riconosciute, offerte all’altra persona. E se penso che questo valga nelle relazioni in generale, ritengo sia un aspetto fondamentale nella vita tra capi e soprattutto nella relazione educativa.
Come parliamo con i nostri bambini e le nostre bambine, con i nostri ragazzi e le nostre ragazze? Cosa diciamo loro davvero e cosa le parole e i modi che scegliamo dicono di noi?
Ho provato a farmi questa domanda ed ecco cosa vorrei che le mie parole dicessero di me.
Che mi accorgo di quel che ci accade. Che vedo davvero quel che succede ai ragazzi e alle ragazze, a tutta la comunità, ma anche alla singola persona. E che le parole che scelgo, per tutti e tutte e per ciascuno e ciascuna, nascono dall’abitare insieme le nostre esperienze di vita scout e non solo da una mia personale visione del mondo e delle cose.
Che le persone mi stanno a cuore. Che quel che dico e i modi che scelgo raccontano che i ragazzi e le ragazze per me sono importanti, che sono importanti come persone, che conta come stanno, come si sentono, cosa pensano, cosa sognano. Che con quel che dico e con i modi che scelgo provo a dimostrarlo ogni volta che posso.
Che prendo il giusto tempo. Che per le comunicazioni più logistiche so che posso mandare un messaggio veloce, che se ti ho pensato o pensata posso magari scriverti qualche parola in più, che se voglio parlarti ti chiamo o mi ritaglio un tempo esclusivo in attività o ti chiedo di vederci, che se non ci siamo capiti o ci siamo fraintesi trovo occasione per parlarne insieme, fianco a fianco. Che per le cose importanti hai tutta la mia attenzione, perché sei importante tu.
Che non voglio trovare soluzioni facili a questione complesse. A volte come capi ci sentiamo interpellati su molti fronti, ci sentiamo di dover dare la nostra opinione per dimostrare che siamo sul pezzo, che abbiamo la risposta pronta, che siamo dalla parte giusta delle cose. E spesso, quando inciampiamo in questo abbaglio, lo facciamo con parole e riflessioni frettolose, superficiali, autoconclusive. Vorrei che le parole che dico e i modi che scelgo, invece, mi ricordassero che non sempre abbiamo opinioni su tutto, che possiamo dire che una cosa non la sappiamo, che siamo combattuti rispetto a una posizione, che ci stiamo riflettendo anche noi perché la costruzione di un proprio pensiero ha bisogno di tempo, conoscenza, volontà di non capire tutto e subito e resistenza all’estrema semplificazione.
Che ho scelto il Patto associativo. Che quel che dico e come lo dico è espressione di me e delle mie scelte, del mio essere persona adulta che ha scelto di essere cittadina del mondo e di esserlo in servizio, perché chiamata da Gesù.
Che sono centrata ma non il centro. Che quel che dico e come lo dico è espressione del mio provare a essere in equilibrio, del mio stare bene, del mio essere persona pacificata, pur con tutta la complessità della vita di ciascuno e ciascuna di noi. Ma che quel che dico e come lo dico non mi pone come il centro della relazione educativa, che quel che dico e come lo dico non è volto al consenso, alla comodità, alla piaggeria, al sentirmi a posto, a sapere che la situazione è sotto controllo e i ragazzi e le ragazze “dalla mia parte”.
Quanto piuttosto, io dalla loro. Che è il posto più scomodo dove stare, ma non ne conosco uno più prezioso.
[Foto Roma 100]
Un commento a "TE LO DICO CON CURA"
Chiara 14 Luglio 2023 (11:33)
Non potevi scegliere e “sapientemente” coniugare meglio queste parole,riflessioni, con la vita scout e come essere capo/educatore per i ragazzi/e. Complimenti e BUONA STRADA da ex guida /a scout
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