Sulla stessa panca

di Oscar Logoteta

Come essere insieme inclusivi, integrali e creativi

Esiste il capo che è capo perché sa fare i nodi migliori, accendere il miglior fuoco e che non ha altri interessi, hobby o passioni, se non riferiti allo scautismo. Solitamente si attiene a quello che dice il Metodo, di cui si sente unico e indiscusso garante. In questo periodo di Covid pensa che si sia perso tempo, e ha riempito ogni suo spazio libero per fare riunioni su Zoom. 

Accanto a lui, sulla stessa panca fra gli altri capi, ce n’è uno che sorride, è un cuor contento. È l’Akela che per primo fa il turno per pulire il bagno – perché sa che l’esempio è la prima forma di educazione. Ci ha provato, nei primi mesi della pandemia, ad accompagnare i ragazzi. Con tutte le paure e i dubbi del caso. È il capo che, di solito, nel buio del bosco non dice al fratellino o sorellina “Non devi aver paura” ma dice “Dai, ti do la mano, camminiamo assieme”. Così ha cercato di esserci sempre e l’ha fatto anche con un po’ di leggerezza – che, lo sappiamo, è ben diverso da superficialità. 

Il tormentone #andràtuttobene non lo sentiva suo, ha preferito essere onesto con sé, con la Comunità capi e con i ragazzi. Non ha nascosto le sue fragilità, mettendole “a servizio” del servizio, ha cercato di relazionarsi in maniera autentica. Probabilmente, avrà anche fatto degli errori. In tutto questo tempo non ha usato un gergo militaresco perché non ha mai pensato si trattasse di una guerra – la guerra è uno contro l’altro, la solidarietà è esattamente il contrario, uno che aiuta l’altro. E oggi che di mesi ne sono passati parecchi, pensa ancora che #andràtuttobene solo se affronteremo insieme il tempo che ci è dato: perché nessuno si salva da solo, ci salviamo camminando tutti insieme, in maniera solidale. 

Ora che un anno nuovo è alle porte, sempre questo stesso capo si ricorda che il Metodo è uno strumento e, come tale, va applicato senza ricette preconfezionate. È pronto a rivedere i “soliti programmi”, non ha paura degli imprevisti ma non è avventato. Sa che gli scout sono apartitici – che è ben diverso da apolitici, e che il suo ruolo da educatore è un ruolo politico: se il Covid ha messo in secondo piano temi come l’ambiente o l’immigrazione, lui all’Ecologia integrale ci pensa ancora. Sì, perché – oggi ancor di più – crede che serva un approccio integrale alla vita, che tenga insieme ambiente, uomo, comunità e tempo. Già, perché proprio il tempo, prezioso, va a incastrarsi come un ingranaggio in un complesso meccanismo dove sono presenti tutti gli ambiti dell’ecologia integrale. 

Seduto sempre fra gli altri capi, sa anche quanto sia importante il confronto: a inizio estate ha ascoltato tutti. Chi voleva mandare una mail “Ci rivediamo a settembre” alle famiglie e chi spingeva per rivedere i ragazzi a ogni costo: in Comunità capi, infatti, ha imparato che non serve rifuggire il confronto quanto provare a fare sintesi e a promuove unificazione. Allora, mai come in questo periodo in cui il Covid ha fatto da detonatore a tante emozioni, sentimenti e situazioni, cerca l’aiuto degli altri perché sa bene quanto sia importante andare avanti con il noi di Comunità Capi e cercare di farlo in maniera creativa. Oggi, nel presente, senza farsi prendere dall’ansia di “recuperare il tempo perduto”. E, ancora, tenta di non farsi assorbire da organizzazione e programmazione ma, assieme agli altri, fa al meglio tutto quanto gli è possibile.

Siamo sempre su quella stessa panca, chi più chi o meno “comodo”, e tutti ci chiediamo come e se abbia senso andare avanti quest’anno. Il capo che ha in mente l’approccio integrale alla vita, ha tante passioni e immagina che quando smetterà di essere capo non tradirà la sua Promessa e la sua disponibilità al Servizio. Ma sa, visto l’anno di servizio appena passato, che anche se aveva in mente di lasciare farà ancora un altro anno di servizio perché… Vuole bene al sogno condiviso di Agesci.

È probabile che, leggendo uno dei tanti esempi, a ciascuno sarà venuto in mente: «Ah be’, questo è uguale a Tizio», oppure «Sì, quello è preciso al comportamento che ha Caio, per non parlare di Sempronio!». Il capo perfetto non esiste. Chi più chi meno, tutti siamo un po’ abitudinari, un po’ pronti alle novità, un po’ fissati con la nostra Unità, un po’ capaci di guardarci anche attorno e pensarci comunità. Ma la tensione di noi capi non può che essere quella di essere persone che abbiano un approccio integrale al servizio e alla vita. Ragion di più ora. Perché più i tempi sono complessi, più per guardare dritto avanti, sereni, c’è bisogno di abbracciare insieme fatica e slancio, limite e fantasia, nella maniera più inclusiva possibile. Il 2020 è stato l’anno della pandemia ma lo diceva già B.-P. in tempi non sospetti: «Quando la strada non c’è, inventala!». Vale anche quest’anno: alzandoci insieme da quella stessa panca.

 

[Foto di Andrea Pellegrini]

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