PROMESSA DI FELICITÀ

di P. Diego Mattei 

Un cammino di benedizioni, rifiuti, fedeltà



Quando leggo un passo della Scrittura mi accompagna una domanda, più o meno consapevole: la pagina che ho davanti ha qualcosa da dirmi? Veramente tocca la mia vita? Un simile interrogativo emerge anche in altre occasioni, come ad esempio di fronte al titolo della tappa che stiamo vivendo verso la Route nazionale delle Comunità Capi: Promessa di felicità. Dio fa promesse di felicità? Se sì, in che modo?
La Bibbia ahimè non dà definizioni e il mio desiderio di concettualizzare rimane frustrato. La Bibbia racconta storie: personaggi che compiono delle scelte (oppure no), in certi luoghi e in certi momenti della storia più grande e della loro vita.
Così se penso all’espressione Promessa di felicità, penso ad alcuni personaggi e a quel che essi hanno compiuto.
Il primo personaggio-luogo-momento che mi viene in mente è Abramo, con lo strano invito a lasciare tutto per ricevere una nuova terra, una discendenza e un nuovo nome, benedizione. Coinvolgente, fantastico, elettrizzante! Ma Abramo ha 75 anni e Sara, che è chiamata almeno quanto lui in questo progetto, ne ha 70! Mi viene da pensare che Dio rivolgendosi ad Abramo (e a Sara) voglia assicurarsi che ciò che verrà sarà puro dono suo e non frutto del merito di Abramo (e Sara). Che pure affrontano la fatica dell’attesa, perché il figlio prediletto arriverà 25 anni dopo, allo scoccare dei 100 anni di Abramo. Penso che la Promessa di Dio abbia dato forma alla vita di questa coppia. Se la promessa è la parola di oggi che accoglie in sé un pezzetto di futuro, essa è stata la forma con cui Abramo e Sara si sono fidati di modellare il loro futuro. Hanno vissuto in modo “alto”, per divenire benedizione. Hanno speso i giorni della loro vita portati dalla parola che Dio ha dato loro. Sono stati felici e la loro felicità è stata vivere in profondità, in altezza, spingendosi al largo. “Duc in altum”, dice Gesù chiamando Pietro. La Promessa di Dio ad Abramo e a Sara mi riguarda se penso alle promesse che ho fatto io, se esse danno forma al mio futuro, se mi fanno vivere “in alto”…

La Promessa di Dio, che ha portato la vita di Abramo e Sara, si è compiuta tutta con loro? Leggendo un pò la Bibbia sembrerebbe di no. Isacco, l’unico figlio prediletto diviene con il passare delle generazioni un popolo oppresso in Egitto. La Promessa di Dio prosegue, come risposta a condizioni di vita terribili. Per dare la libertà e la terra, che ancora manca al compimento, chiama Mosè, il più grande dei profeti. Dio sceglie però un “condottiero” anomalo: nato ebreo, ma cresciuto come egiziano. È il più grande della storia di Israele, autore “ideale” dei primi cinque libri della Bibbia, ma che sorpresa leggere le sue prime risposte! Mosè rifiuta, si oppone, resiste. La serie dei rifiuti è così umana, così mia. Le rigidità assunte, le frustrazioni cristallizzate, le delusioni razionalizzate. E Dio risponde, risponde sempre, in un modo o nell’altro dicendo: Io sono con te, io ci sono e ci sarò. La Promessa di Dio, scopro, non è accolta a braccia aperte da Mosè. Delle resistenze del popolo degli Israeliti non parlo, perché sono più avanti nella storia e son fin troppo note, basti citare il vitello d’oro. Mi meravigliano le resistenze di Mosè. La Promessa di Dio diventa la fedeltà di Dio a portare i rifiuti che incontra, le opposizioni che deve fronteggiare. E la Promessa di Dio diventa allora una faccenda molto concreta nella mia vita, perché di rifiuti e rigidità posso fare un elenco lungo. Ma la Promessa di Dio passa anche da lì….

La Pasqua, con la croce di Gesù Cristo, si illumina di senso ancora una volta quest’anno. La Promessa di Dio con Abramo è benedizione e vita vissuta in altezza. Con Mosè è liberazione e fedeltà. Con Gesù è Parola fatta carne che assume su di sè tutto ciò che vuole impedire il suo compimento, il dono di sé da parte di Dio, dono che ci rende figli nel Figlio, redenti nella Resurrezione di Cristo, destinatari di Terra nuova che non è un pezzo di terra, ma una rete di relazioni che posso chiamare Fraternità.

E con questa speranza, che è felicità tranquilla, possiamo percorrere il sentiero che si inoltra nel paesaggio della nostra quotidianità verso Arena24 di fine agosto, gustando il senso di fraternità che è al tempo stesso meta e stile di cammino. Buona strada!

[Foto di Andrea Pellegrini]

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