Da Villa Buri al Giubileo 2025
Tra i tanti doni che ci lascia Villa Buri, ce ne è uno che ci proietta a grandi passi verso il Giubileo del 2025, ed è quello della speranza, una virtù centrale nella vita cristiana. Una parola che abbiamo sentito risuonare molto in tutto il percorso della RN24, e che non può esistere senza fede e amore: «Non si vive senza queste tre propensioni dell’anima: credere, sperare, amare» (S. Agostino). In un documento che introduce il tema del Giubileo, “Pellegrini di speranza”, papa Francesco fa scaturire una riflessione strettamente legata a questa parola, ovvero una riflessione sulla pazienza, descritta come sua figlia e, allo stesso tempo, suo sostegno. È una virtù più familiare di quanto immaginiamo: è lievito, è perseveranza, è attesa che costruisce, è compagna di strada nel cammino della vita, nutre il mondo.
Ha inoltre molto a che fare con il nostro ruolo di educatori, dando ulteriore significato alla nostra spiritualità scout. La pazienza può vestirsi di mille declinazioni, come la capacità di fermarsi e di saper guardare lontano, di prendere respiro e di saper sospendere il giudizio; un invito a non “divorare” le esperienze, ma a gustare nel giusto tempo… Quanti “esercizi di pazienza” facciamo ogni giorno con i nostri ragazzi? La scelta di servire i più piccoli, oltre la quotidianità, ha bisogno anche di esperienze significative per nutrire e irrobustire questa insostituibile compagna nel percorso che ci conduce verso quella meta di felicità che abbiamo declinato in tante forme nella RN24, cioè l’incontro con il Signore Gesù. Per ogni cristiano, tale cammino intriso insieme di speranza e pazienza si esprime simbolicamente nel pellegrinaggio, elemento chiave di ogni Giubileo. Inutile dire che “essere in route”, fisicamente o spiritualmente, è un dono e un atto di ricerca e di crescita interiore. Dopo i giorni di Villa Buri, questo invito a calcare nuovamente i passi di una spiritualità della strada con destinazione Roma può realmente farsi più concreto in vista del 2025, sia per noi stessi che per i ragazzi che ci sono affidati. È un invito a coltivarci e a coltivare.
Trovo che alcune parole di p. Silvano Fausti sj – che sembrano essere rivolte a ciascun capo – tengano insieme queste due virtù così interconnesse, in una bellissima metafora del lavoro del giardiniere: «Educare nello spirito. Essere giardinieri, custodi del bene che sarà, che intuiscono la natura di ogni pianta affidata, che leggono le stagioni della vita e vedono il bello anche nel brutto, nel cespuglio spinoso che è, ma non ancora. Accettare di non sapere quale fiore porterà frutto, quale cadrà, quale resterà inespresso. Curare, aspettare, osservare, e di nuovo ricominciare ad ogni stagione. Giardinieri per l’unico Signore del giardino. Educarsi a saper aspettare, attendere, “tendere a” qualcun altro. Ascoltare, perché lo spirito parla nel silenzio. Lo spirito parla senza parole. Ascoltare la musica dello spirito. Ballare la danza dello spirito, che segue il ritmo del respiro di Dio». Pellegrini di speranza, come vuole papa Francesco, e pazienti giardinieri come capi scout.
[Foto di Gianfranco Scagnetti]
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