Custodire fa rima con costruire
«È dalle relazioni umane, dalla nostra relazione, dai nostri “legami” con il creato, con il prossimo, sia esso lontano o vicino nello spazio, con noi stessi e con il Creatore» che dipende la nostra felicità. Questi legami «possono essere fortificati solo attraverso l’Amore e quindi attraverso un atteggiamento responsabile di “cura”, che si manifesta anche nei confronti della nostra casa comune». Quando ho letto queste parole del cardinale Pietro Parolin, pronunciate durante la lectio magistralis con cui ha aperto il Festival dell’ecologia integrale nel 2021, mi sono sentito in famiglia. Centralità della relazione nell’azione educativa, l’interdipendenza con la natura, il servizio vissuto come responsabilità… è tutto un lessico che ci è proprio. Ma quanto siamo in grado di raccontare che è questa la strada per una felicità piena? Sinceramente, io credo tanto. La Partenza è una vera e propria patente da muratori del Regno. Con le tre scelte, proponiamo che il percorso della nostra vita adulta sia vissuto all’interno di una fratellanza in grado di prendersi cura della nostra casa comune. Don Tonino Bello diceva che il battezzato è colui che ha coscienza della propria responsabilità del mondo. Diciamo che le tre scelte della Partenza sono vere e proprie linee di campo magnetico per orientare la nostra bussola, nel momento in cui stiamo svalicando verso l’essere adulti.
Prendendo quindi il largo nel mare dell’autonomia, nel mondo di oggi troviamo venti che spingono verso tutte le direzioni. Capita di navigare per correnti diverse rispetto a quelle conosciute attraverso la propria famiglia e le comunità cui, fino ad allora, si apparteneva. Questo fisiologico processo di de-satellizzazione può pervadere tutti gli ambiti, spirituale, relazionali e di studio/lavorativo. In questa navigazione, avere occasione di ripensare anno dopo anno a ciò che le scelte della Partenza richiedono aiuta a tenere la barra nella direzione della felicità, per come l’abbiamo descritta in incipit. Difficile sia una strada dritta o un sentiero ben individuabile da lontano. Così ce la prefiguriamo in testa. Nella realtà, si impara a proprie spese l’andatura di bolina. E gli umili (termine con cui don Tonino indicava i poveri) sono spesso i veri maestri nell’arte di affrontare venti e correnti contrarie senza scuffiare.
Da educatori viviamo questa responsabilità in doppia misura, rispondendo delle nostre scelte non solo a noi (e a chi ci vuole bene e a Dio), ma in una certa misura anche verso i ragazzi con cui facciamo servizio. Il futuro è loro – non abbiamo desideri di protagonismo – ma dobbiamo essere consapevoli che costruiranno con ciò che sapremo dargli. San Francesco d’Assisi diceva «predicate il Vangelo, e se è proprio necessario usate anche le parole». L’esemplarità di noi adulti non può venire meno. Il futuro cresce nelle foglie, ma nasce dalle radici. Un’esemplarità da vivere attraverso relazioni sincere, tese a ridurre la distanza tra adulto e giovane, e che si alimentano della costante curiosità di scoprire la ricchezza dell’altro.
Un’esemplarità che dimostri anche come sia necessario vivere il cambiamento. Di fronte ai tanti allarmi che provengono dal mondo giovanile, sentiamo che spesso sono i ragazzi quelli incolpati per la loro infelicità e solitudine. Ma questi sentimenti nascono e si sviluppano in un mondo che abbiamo interpretato innanzitutto noi adulti. Oltre a raccontargli la strada per la felicità e mostrargli che può essere percorsa, dovremmo porre le condizioni perché un costante rinnovamento sia possibile. In politica, in famiglia, nella scuola, e anche nello scautismo. Saranno poi i giovani a partecipare al cambiamento con la loro passione per il futuro. La Chiesa, al servizio della felicità, ha aperto la strada invitando a percorsi di cambiamento partecipati nelle diocesi attraverso il cammino sinodale. Rispetto alla nostra casa comune, custodire fa rima allora con costruire. La manutenzione ordinaria lasciamola per le cose di poco conto.
La maggior parte dei pensieri di questo articolo nascono da una bellissima chiacchierata di redazione con don Ignazio Pansini, compagno di vita e di servizio di don Tonino Bello.
[Foto di Andrea Pellegrini]
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