L’IRRIPETIBILE DA RIPETERE PER SEMPRE

di Angelo Giordano e Ruggero Mariani

Il primo risveglio dopo la Route nazionale mi ha colpito per il silenzio a cui non ero più abituato. E, nel silenzio, un pensiero: è stato tutto vero? Sì, un’esperienza bellissima ma che già in quel mattino – dopo il viaggio di ritorno, la stanchezza, una doccia, una lavatrice ancora da fare – era oggettivamente un fatto passato, punto. Quegli incontri casuali – o forse provvidenziali – lungo i polverosi viottoli affollati tra il Pestrino e Villa Buri, quando si ripeteranno? Quando rivivremo quella sensazione di fraternità vissuta ai lavandini, al Padre Nostro, a cantare con Silver e Vecchioni, in fila per i pasti speciali?
Oggi.
… Cosa? Davvero?
Sì, perché oggi c’è staff. E mentre la pioggia si è portata via da tempo l’estate, io sono sicuro che sarà come in Route Nazionale, anche con chi alla Route non c’è stato. Perché abbiamo fatto, in tanti, una cosa difficilissima: incontrarsi tra fratelli e sorelle sconosciuti e vivere la felicità che queste migliaia e migliaia di incontri ci hanno donato. E non saremo forse in grado di fare la stessa cosa in pochi? Dopotutto, qualcuno ci ha detto che basta essere anche solo in due o tre, giusto?

Quel che abbiamo visto e vissuto in grande può essere replicato in piccolo, sapendo che può diventare di nuovo grande.
Stasera porterò con me il silenzio di quel primo mattino dopo la Route fino al momento in cui incontrerò lo staff, e solo allora il silenzio si ricongiungerà alla melodia delle nostre voci che si riuniscono ancora una volta per ricominciare o, più esattamente, per continuare sulla Strada del servizio che abbiamo percorso assieme sull’ottovolante della Route.
Ma lo farò soltanto io? Non credo proprio.
A pià di tre mesi da Arena24, molti dei diciottomila di Verona stanno facendo lo stesso. Da esploratori dei prati di Villa Buri, da artigiani di felicità, tocca a loro, a noi, il ruolo di custodi e profeti di una felicità per decine e decine di migliaia di giovani. Ossia, il nostro futuro.

Ricordare, cioè “riportare al cuore”, e restituire.
È tempo di restituire i sorrisi dei pellegrinaggi tra Verona e Villa Buri, reinvestire la pazienza accumulata nelle code per i pasti, i piedi doloranti per il lungo camminare e la freschezza delle docce (ehm, sì, ci siamo capiti) nell’energia di un nuovo inizio.
Io penso che sia sufficiente ricordare: è preludio del restituire.
Ricordare i momenti nel Bosco della Spiritualità, ricordare la fatica della strada, ricordare la polvere sposata al sudore e il sollievo del momento, diverso per ognuno, di aver fatto la scelta giusta.

Quella del servizio.
Quella di essere lì.
Scomodi (dopo aver pure pagato “caro” il biglietto d’ingresso a questo evento ri-fondativo dell’Associazione) ma felici.
Del resto, le nostre mille riunioni, le sveglie all’alba nelle domeniche d’inverno non sono mica una pacchia! E sarà ancora “incontri”, “confronti”, “sguardi” …

Domani
Le situazioni scomode, se non altro, si ricordano per sempre… e ci ricordano che la speranza in quel che sarò, in quel che saremo domani non è teoria, ma un’azione concreta.
E le azioni concrete hanno bisogno di verbi che sanno di vita e di vissuto, e dunque per declinare ciò che vorrà essere impatto, io scelgo: ascoltare, faticare, sudare, sorridere, portare, proteggere, condividere, piangere, camminare, pedalare, pagare, gioire, arrabbiarsi, abbracciare, pregare, partecipare, scottarsi, contribuire, accogliere, testimoniare, consolare, spostare, dissetarsi, collaborare, empatizzare, sostenere, donare, contemplare, mangiare, desiderare, offrire.
La felicità li accompagnerà di conseguenza.
E, con la felicità, la speranza di non perderli mai. A questa lista – come su un foglio lasciato sulla scrivania (… ci ricorda qualcosa?) – gli altri verbi puoi aggiungerli tu.
Ma, ti suggerisco, non da solo.

Un “io” che racconta, e quattro mani che scrivono. Perché desideriamo che in quell’io ci sia la voce di tutti!

[Foto di Andrea Pellegrini]

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