La comunità capi e i genitori: quale relazione?

[di Dario Seghi]

Molto spesso, per un normale e buon capo scout, pensare a quale relazione avere con i genitori dei ragazzi che segue può rappresentare un peso, un fastidio, una cosa in più. Ciò avviene perché la concentrazione è sul ragazzo, sulla relazione con lui/con loro, sulle attività che possano essere le più entusiasmanti e formative, per cui è comprensibile avere un’emozione negativa quando ci si deve interfacciare con i genitori. Quando poi questi presentano tutte le loro problematiche, le loro incertezze, i loro dubbi o le loro paure, si rischia anche di sentirli come nemici.

Eppure per capire i ragazzi e i loro comportamenti dobbiamo conoscere almeno un po’ il contesto da cui provengono; se vogliamo proporre attività entusiasmanti dobbiamo avere l’alleanza dei genitori; se non vogliamo  essere  criticati,  ostacolati, boicottati,  dobbiamo essere in grado di saperci relazionare anche con loro.

Quando il capo scout o la staff tendono, senza chiara consapevolezza, a ridurre al minimo tale relazione, la comunità capi ha la responsabilità di aiutare a riconoscerne l’importanza, l’impegno a formarli fornendo strumenti efficaci di comunicazione con gli adulti e l’obbligo di verificarne l’esito finale.

Riconoscerne l’importanza

“Se a terra c’è una mela, sopra c’è un albero di mele”. In un periodo storico dove a volte si tende a negare o non riconoscere  a responsabilità delle nostre scelte con la rimozione dei loro effetti, non possiamo non contestualizzare la “materia prima” con cui siamo chiamati a lavorare, per utilizzare al meglio i nostri “attrezzi”.

Se in situazioni tranquille di relazione con i ragazzi ciò può non apparire come fondamentale, lo diventa quando dobbiamo affrontare delle difficoltà relazionali.

Ogni conflitto tra la nostra proposta e la risposta dei ragazzi produce emotivamente in noi una risonanza negativa che può farci agire reattivamente e non sempre questo è il bene dei ragazzi.

Comprendere che la rabbia che proviamo, perché provocati dal comportamento strafottente di un ragazzo, può essere elaborata solo se riconosciamo che l’unico linguaggio che lui conosce è quello della provocazione che respira nell’ambiente familiare, ci può permettere di scegliere quale atteggiamento educativo avere con lui, per non confermargli che è solo un maleducato strafottente. In questo possono aiutarci la conoscenza che hanno della famiglia la staff o la Co.Ca. con l’assistente.

Non solo è importante per calibrare la relazione capo-ragazzo ma lo diventa anche per poter lanciare le nostre esche educative con il metodo scout che non sempre è facile da capire in un momento storico dove la famiglia fa di tutto per far fare meno fatica ai figli, come se la fatica fosse sempre qualcosa di negativo da combattere e non la conseguenza di un impegno per raggiungere un obiettivo.

Per avere i genitori come alleati dobbiamo imparare a trasmettere loro la nostra intenzionalità educativa. Se ad ogni attività che facciamo siamo consapevoli del suo valore di crescita per il ragazzo, allora dobbiamo fare in modo che anche il genitore condivida questa conoscenza.

Il credito di fiducia che i genitori ci daranno dipenderà dalla nostra capacità di rendere anche loro consapevoli di quanto il metodo scout, espresso nelle varie attività, incida profondamente sullo sviluppo del loro figlio, diventando così collaboratori al loro progetto educativo.

Impegno per la formazione

La Co.Ca. può avere un ruolo determinante nell’aiutare i capi e le staff a migliorare nella loro capacità di comunicare agli adulti. Il collegamento con i genitori riguarda sostanzialmente il “ricevere informazioni” sul ragazzo e il “dare informazione sul ragazzo e sulle attività” .

I momenti da progettare sapientemente sono gli incontri con i genitori di inizio, metà e fine anno, la preparazione delle esperienze forti dei campi estivi e/o invernali e come condividere con loro la nostra intenzionalità educativa.

Riunioni e campi

Primo obiettivo è che i genitori partecipino all’incontro. Per favorire questo facciamo in modo che sia sempre il ragazzo al centro. Se l’incontro viene lanciato dai ragazzi, che sono i loro figli,  difficilmente mancheranno. Dopo i lanci dei ragazzi, separarli per poter parlare con i genitori in modo chiaro, sintetico, sapendo mettersi nei loro panni, preparandosi alle obiezioni, comprendendole e rispondendo con competenza del metodo e consapevolezza educativa.

Intenzionalità educativa

Per far crescere la consapevolezza del valore educativo del metodo perché diventi sempre più intenzionale, è importante allenare le staff affinché  di fronte ad ogni attività che propongono  possano definire l’obiettivo educativo chiedendosi:

  • Quali capacità del ragazzo sviluppa?
  • A quali bisogni del ragazzo risponde?

In questo modo aumenterà la capacità di dare ragione alle nostre scelte educative, perché se siamo consapevoli della portata educativa delle nostre proposte allora siamo anche in grado di trasmetterle ai genitori e ciò favorirà l’alleanza con loro al nostro progetto educativo e li farà crescere  perché stimolerà anche loro a rispondere ai bisogni dei loro figli.

 

Impegno concreto

Per mantenere un collegamento e un’alleanza con i genitori in occasione di uscite e di campi è importante comunicare (fotocopia o mail) parallelamente al programma delle attività del giorno anche gli obiettivi educativi di quell’attività.

Verifica

Come ogni attività di formazione merita una verifica, quella della relazione con i genitori deve essere monitorata frequentemente per valutare quanto ancora lavorare per formare i capi ad una relazione adeguata con loro, perché solo se vivremo in questo modo la fedeltà e la continuità del nostro servizio educativo avremo un reale credito di fiducia da parte dei genitori perché meritato.

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