[di Nicola Catellani per la pattuglia nazionale L/C con Daniela Sandrini Incaricata nazionale L/C]
I bimbi, si sa, sono piccoli per definizione ed hanno una prospettiva di sguardo decisamente altra rispetto alla nostra. Il loro orizzonte visivo di riferimento è diverso dal nostro, i loro pensieri seguono correnti di senso che, a volte, non ci appartengono più.
Ci è venuta la curiosità di chiedere ad alcune coccinelle ed alcuni lupetti come ci vedono, cosa pensano dai capi e della comunità capi.
“Secondo voi, quanti sono in totale tutti i capi del vostro Gruppo scout?”
“Venti!”, “Trenta!”, “Quaranta!”, “Cinquanta!”, “Boh?”
Le risposte sono le più varie, i numeri fioccano a casaccio, ma una cosa è certa: nella percezione dei bambini, i capi del proprio Gruppo sono molti. Più di quelli presenti in realtà.
La maggioranza dei lupetti e delle coccinelle ha abbastanza chiaro il percorso educativo scout: branco/cerchio, reparto, noviziato, clan. Ma dopo il clan? “Ci sono i capi”. Nessuno degli intervistati nomina “la comunità capi”, o “la Co.Ca.”: alla fine di tutto ci sono solo “i capi”.
Per quanto riguarda l’annoso problema se i bambini vedono la differenza tra gli R/S in servizio e i capi, ci pensa un lupetto a chiarire in modo definitivo tutti i nostri dubbi. Dopo avergli indicato quale dei suoi vecchi lupi fosse un rover e quale un capo, non ha avuto dubbi nell’affermare: “I rover in servizio e i capi sono la stessa cosa”.
I lupetti e le coccinelle non si chiedono cosa facciano i loro capi quando non sono con loro; tuttavia, sollecitati a pensarci, ritengono che siano persone come tutte le altre: “vanno all’università o a lavorare”, “vanno a fare la spesa”. Solo qualcuno sospetta che “restano qua e fanno giochi col clan o col reparto” (questi capi, una vita per lo scautismo!).
I capi si riuniscono tra loro con incontri o riunioni? Può essere. L’importante è che si incontrino “in un posto tipo un campo, che dev’essere grande perché i capi sono tanti”, ma in alternativa va bene anche “un salone”.
E qui cosa fanno? “Forse si esercitano”, azzarda uno. La maggioranza propende per attività organizzative, avendo forse in mente una sorta di grande riunione di staff: “si mettono d’accordo per le riunioni e i giochi che ci fanno”, “scelgono le attività più belle”, “cercano i posti per le cacce”.
Qualcuno, tra i più grandi, ha una visione più chiara – e forse ideale – della Co.Ca. come luogo di confronto (“Tutti i capi chiedono agli altri capi se va bene quello che propongono”) e di corresponsabilità educativa (“Ognuno dà un’idea: anche se non è il capo del reparto, se ha qualche idea sul reparto gliela dice”).
Non manca la formazione metodologica, svolta però in un luogo diverso dalla comunità capi: “A volte vanno a fare campi con altri capi”. La formazione fornisce ai capi competenza ed intenzionalità educativa: “Vanno da altri capi che sanno di più, si fanno dire cosa devono fare con noi, poi decidono loro”.
Le riunioni dei capi hanno frequenza varia: due volte alla settimana, una volta, una volta ogni due settimane, una al mese, e la loro durata è vaga. Ma comunque, una cosa è certa: “Hanno sempre un bar vicino, per il caffè, perché se no sono lì dalla mattina alla sera e si annoiano”.
Una coccinella alla fine dice “io vorrei fare il capo perché così saprei tutte le regole dei giochi”.
Ma siamo proprio noi, questi? Sguardo di bimbi che a volte sottovalutiamo. Dovremmo fare più spesso la ginnastica di piegare le gambe e affiancarci ai lupetti ed alle coccinelle e vedere da quella prospettiva.
Cambiare angolo di osservazione apre al nuovo, fa vedere cose diverse, ci aiuta a non restare rigidi nei nostri pensieri e nelle nostre visioni. Lo sguardo dei bambini apre ad orizzonti grandi, più trasparenti perché senza le ansie responsabili degli adulti. Loro non sanno poi sempre svilupparlo o perseguirlo. Questa è una sfida nostra, tutta scout di una comunità di adulti dove piccoli (giovani) e grandi (vecchi) accompagnano i sogni e i desideri dei bambini e dei ragazzi perché possano trovare la strada per realizzarli, non da soli ma nello sforzo costante di confronto, scontro e mediazione che sono le relazioni o la vita di comunità.
Noi possiamo forse essere da meno?
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