Il convegno EMMAUS ribalta la prospettiva
Peccato. Relegare la fede e l’educazione di ragazzi e ragazze alla vita cristiana al cosiddetto “punto fede” pareva rassicurante. Fatta la chiacchierata, spuntata la grana. D’altronde… Chi si è mai sentito all’altezza del compito di educare alla vita cristiana?
Però. Chiediamoci se “la spunta del punto fede” sarà poi stato il cuore dell’annuncio… La fede non è un obiettivo educativo.
Al convegno Emmaus. Andata/Ritorno, lo scorso autunno a Loreto con quasi mille fra formatori, incaricati e assistenti ecclesiastici, ci sono state poche “sessioni” e tante esperienze. Come i discepoli di Emmaus (gli stessi che vedete in copertina e di cui potete ripercorrere la storia a pagina 2), capi e assistenti hanno sperimentato come l’annuncio passi per un cammino condiviso.
Come? Per aiutarci a capire, sono state individuate quattro fasi: vivere, incontrare, raccontare e generare. Di seguito condividiamo qualche spunto per iniziare il cammino. Teniamo a mente (e a cuore) che l’incontro con Dio, e l’annuncio del suo amore, è innanzitutto una realtà da sperimentare più che da insegnare, da riconoscere più che comprendere, da ritrovare più che da acquisire.
VIVERE, INCONTRARE, RACCONTARE E GENERARE
La vita cristiana è la nostra esistenza quotidiana. Come i discepoli di Emmaus, immaginiamoci insieme in cammino, capi e ragazzi. La meta? Una vita compiuta, capace di testimoniare la nostra fede. Non genericamente la fede… la nostra fede! Che è l’unica che possiamo raccontare. Un cammino comune con i più giovani, dicevamo, pur nella differenza di età e di maturità. Abitando il mondo, incontrando gli altri e riconoscendo Dio presente accanto a noi, raccontando e raccontandoci reciprocamente quel che sentiamo, sperimentiamo e viviamo, vedremo generare un cambiamento in noi e una scintilla per gli altri.
IL COMPITO DEI CAPI: TESTIMONI NARRANTI
Non siamo “trasmettitori di contenuti” – per quanto il Catechismo sia importante – ma “testimoni narranti” di una storia di salvezza, capaci di guidare i più giovani in esperienze concrete da vivere e rileggere insieme. Non c’è da convincere nessuno sulla fede, sulla Chiesa e così via, quanto da creare le condizioni perché Qualcuno parli ai ragazzi. Di offrire strumenti per riconoscere Dio nell’esistenza. Saremo ripetitivi ma pazienza: non si tratta di “apprendere la fede” quanto di riconoscere l’amore di Dio. Come dice l’Assistente ecclesiastico generale AGESCI, padre Roberto Del Riccio: «Non dobbiamo dare ai ragazzi soluzioni, ma ricette. All’inizio servirà fornire indicazioni chiare sui Tempi di cottura, sui criteri di Scelta degli ingredienti di Qualità… poi diventeranno cuochi o addirittura Chef e allora faranno a meno della ricetta e il resto verrà in abbondanza».
E I RAGAZZI?
Per fortuna, ci sono loro. Bambine e bambini, ragazze e ragazzi, sono naturalmente “capaci di Dio” (gli articoli precedenti e i successivi spiegano bene cosa significhi). E lo sono con un approccio diretto, capace di condividere con noi adulti paure e slanci. Ascoltiamoli, guardiamo alle loro vite anche per arricchire il nostro cammino personale.
QUANTE NOVITÀ!
A ben vedere, per AGESCI si tratta di un cammino avviato da tempo. Il Progetto unitario di catechesi (Puc) quest’anno compie 40 anni! Primo in Italia, traduceva l’itinerario catechetico della Chiesa italiana nella proposta scout. Negli anni poi si è cercato di offrire un accompagnamento spirituale adeguato ai tempi. Con la Parola di Dio sempre al centro, perché è alle Scritture che si deve far riferimento per rileggere l’esistenza.
OK, MA… COME COMINCIAMO?
Benvegnano le esperienze concrete da vivere in comunità: aiutano a riconoscere la propria fede. Noi per primi coltiviamo tre capacità: profetica (cogliere il senso degli eventi), sacerdotale (portare la vita davanti a Dio), regale (discernere in fedeltà al Vangelo). Questi tre doni sono ben spiegati qui. Un cammino che passa per il discernimento. E cosa significa “discernimento” ce lo raccontano Padre Lino Dan e Ruggero Mariani, a pagina 26. Occorre avere dimestichezza con le Scritture ed essere “esposti” alla Parola, lasciandosene coinvolgere e interpellare. Buon cammino… senza indugio, di nuovo verso Gerusalemme!
[Foto di Andrea Pellegrini]
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