EMMAUS IN REPARTO

di Michela Abati, Iacopo Portaccio e don Luca Delunghi

Incaricati nazionali e assistente alla Branca E/G

Stavo in camera a sistemare i cassetti quando Marta mi ha detto: «Ma l’hai visto cosa hai dentro lo zaino? Anche questi vanno con la roba da lavare?».

«Le solite cose, solo un po’ più sporche, siamo stati in città ma la polvere non è mancata, e nemmeno il modo di sporcarci!».

«Ma no, mi riferisco a questi». Mia moglie mi mostra alcuni sassolini.

Li avevo presi al termine di una delle proposte nel Bosco di spiritualità, quella realizzata dalla Branca E/G. Non c’era nessun gadget, nessun segno da portarsi dietro, ma al termine ho sentito la necessità di qualcosa di materiale, un segno, un ricordo che mi permettesse di non far finta di nulla, di non lasciar perdere, così mi è venuto in mente “la profondità” e, pensando a come le parole che mi avevano consegnato fossero scese giù, avessero superato alcuni limiti, ho preso dei sassi, qualcosa che va a fondo, che se lanciati in acqua non restano in superficie ma scendono…

Da quando l’Associazione ci ha messo in mano questa “novità” di Emmaus sembra che tutto debba ruotare intorno a questo, non c’è cosa che non possa parlare di Vangelo, Gesù Cristo, Kerygma e di “quei due poracci “che se ne andavano verso Emmaus! Così quando ho avuto modo di andare a Villa Buri e ho visto il Bosco di spiritualità, ho usato il tempo per godermi l’opportunità, avevo bisogno di sperimentare, più che di capire.

Sotto la tenda che avevano predisposto, dei capi accompagnavano noi che arrivavamo per farci vivere il cammino a tappe scritto su dei pannelli. Tutto partiva da un racconto, immagino inventato, sulle avventure di alcuni E/G in reparto e in squadriglia.

Ci hanno detto di prenderci tutto il tempo necessario, l’obiettivo era permetterci di riconoscere

come l’incontro col Cristo morto e risorto avviene anche nella nostra quotidianità, a maggior ragione nelle occasioni offerte dalla proposta scout.

I cinque pannelli avevano un doppio lato, sul frontale la narrazione, sull’altro, attraverso domande e spunti, eravamo spronati a metterci in gioco, come se fossimo i capi reparto, soprattutto con la verità di quello che abbiamo vissuto personalmente nella nostra vita.

Beh, fare quei passi, davanti ai pannelli mi ha portato sempre più a scendere dentro ad alcuni fatti della mia vita, non intendo le cose vissute quando ero in squadriglia, sono andato ben oltre. Avevo proprio voglia di capirci qualcosa, troppe volte ho ripetuto cose come un pappagallo, per dovere o per rispetto del servizio che ho scelto nella mia Comunità capi ma, come ho detto a Marta, la cosa è stata più complessa: soffermarsi sulle esperienze, rileggerle alla luce del Vangelo è uno dei modi in cui prende corpo l’incontro con Gesù. Il Signore, a volte sconosciuto, diventa allora colui che ci fa vedere una realtà nuova a cui non siamo abituati, che ci aiuta a leggere quella che abitiamo con occhi diversi.

Non è stato per nulla facile, vuoi l’ansia di dover stare nei tempi e rientrare ai campi, passando per quegli ingorghi che si creavano lungo l’Adige, vuoi la poca abitudine a farmi certe domande o a guardare la vita di reparto con quella prospettiva, vuoi la scarsa dimestichezza con la Bibbia, arrivare in fondo è stata un’Impresa! E mica intendo la fine del percorso, in fondo a me, alla lettura delle mie esperienze, della mia storia. A inventarmi qualche cosa da dire meccanicamente ai ragazzi ci riesco, ma rivelare qualcosa di me, delle mie vicende, lasciarmi scrutare dalla Parola di Dio, farmi illuminare dalla certezza che Dio mi ama e mi cerca, non è per nulla facile. Mi son reso conto che ho un sacco di impalcature, di strutture che mi sono costruito per difendermi dagli altri e dalla vita, muri e paure che nemmeno io conosco perfettamente. Pensa se mi lascio scoprire dagli E/G o magari dai ragazzi del Clan che mi vogliono affidare quest’anno, ecco forse sarà l’occasione vera per camminare come i due di Emmaus!

E forse quello che ho vissuto lì, in quel boschetto, è proprio quello che vivo a casa, con mia moglie, che tanto credente non è. Allora nel mio Progetto del capo metto questo punto in quest’anno: prendere del tempo per me, per mettermi davanti al Vangelo e capirci qualche cosa, e prendere del tempo per lei, che magari se ci riesco con mia moglie, mi resterà facile anche con i ragazzi del clan. Voglio coltivare quei doni dell’essere profeta, re e sacerdote, provare a crescere nel mio rapporto con Dio, leggendo la sua Parola e facendomi leggere; cercando il significato profondo delle esperienze che vivo; pregando e provando a scegliere consapevolmente nelle piccole e nelle grandi questioni per lasciare il mondo migliore di come l’ho trovato che non è altro che cercare questo Regno di Dio di cui Gesù ci ha parlato.

[Foto di Gianfranco Scagneti]

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