DIPENDE DA NOI

di Vincenzo Pipitone

«Ma s’io avessi previsto tutto questo, dati causa e pretesto, le attuali conclusioni»

canta il più colto dei nostri cantautori (Guccini, secondo Umberto Eco). Un dialogo con se stesso, sulle scelte e sulle aspettative della società, eterna lotta tra profondo desiderio di creare e superficiale conformismo, diffusa indifferenza. Quante volte ce lo siamo chiesti «se avessi previsto tutto questo?». Quante amarezze, pentimenti, cuori spezzati, voglia di lasciare perdere. Quante volte abbiamo visto scomparire i nostri ragazzi, noi donne e uomini del sud, vittime e al contempo autori più o meno consapevoli del nostro destino.

Ma allo stesso tempo quale forza spinge a non mollare, a educare alla “restanza”, a rinunciare di recidere definitivamente i legami con la propria terra, rifiutando di fuggire, se di fuga si tratta! E ancora. Cosa spingeva don Peppe a salire «sui tetti per riannunciare parole di vita»; Renato Natale, dopo tanti anni, a ritornare a rappresentare la propria Città; Augusto De Meo, testimone oculare dell’omicidio, a non fare il verso delle tre scimmiette (“nenti vitti, nenti ntisi, nenti sacciu”).

Negli anni 60-70, una nota marca di formaggi regalava un piccolo pupazzo gonfiabile: Ercolino sempre in piedi. La caratteristica del giocattolo era quella che, spingendolo, lui cadeva e poi tornava nuovamente al suo posto: IN PIEDI! Questo semplice quanto modesto bambolotto incarna un’immagine potente di resilienza e determinazione. Nonostante le continue sfide della vita, proprio quando stiamo per cadere (fallire?), recuperiamo il nostro equilibrio e zaino in spalla ci rialziamo, trovando il modo di farlo. In un mondo di sconfitte, aggressioni, minacce, sfide della vita, perseveranti ritroviamo il nostro equilibrio, il nostro centro, proprio come Ercolino, con coraggio, fiducia, speranza.

Già la speranza, l’irrinunciabile speranza! Quella forza potente che ti spinge a credere che le cose cambieranno «sperando contro ogni speranza» (san Paolo «spes contra spem»), in strettissima correlazione con la fede e l’amore. Ci insegna Papa Francesco che solo aprendo il nostro cuore e credendo alla Sua Parola noi credenti possiamo sperare lì dove c’è disperazione, dolore, smarrimento.

Dunque possiamo fare qualcosa o prepariamo le valigie? Solo se la nostra azione pedagogica si nutre della Parola, della Fede nel Risorto (vera Speranza) e della memoria, possiamo provare a educare i nostri bambini e ragazzi a coltivare il proprio presente e a non subirlo. Lo dobbiamo a loro, ai nostri figli, a don Peppe, alla Promessa, alla Legge, ai valori del Patto associativo, a noi stessi: «Sforzati sempre di vedere ciò che splende dietro le nuvole più nere» (Baden-Powell).

Non è semplice, sia chiaro; anzi, è alquanto arduo, ma siamo chiamati a provarci, a crederci (avere fede), nonostante spesso la voglia di fuggire e lasciarsi tutto dietro sia davvero tanta. Particolarmente in alcune terre come la mia, la Sicilia, come quella di Don Diana, fragili, sofferenti, in cui non fai in tempo a uscire da un tunnel (se non del tutto sconfitte, le mafie nei nostri territori hanno subito delle enormi batoste), che pronti-via si rischia di rivedere l’oscurità (noti personaggi pregiudicati di nuovo all’apice del potere politico anche con il supporto di alcuni di noi!). Non abbiamo altra scelta, se non nutrire la speranza, il nostro ottimismo, difendere la nostra comunità, coerenti con i nostri valori, altrimenti è “vana anche la vostra fede”.

A PIF (Pierfrancesco Diliberto, regista e noto personaggio palermitano), durante la consegna del Premio Nazionale don Diana – Per amore del mio popolo, fu chiesto da qualcuno dei ragazzi presenti se «queste persone sono morte invano?» e lui con la solita perspicacia rispose: «Dipende da voi». Già, dipende da noi se restare in piedi come Ercolino, magari un po’ piegati ma sempre dritti e in asse, oppure se crollare da sconfitti, sgonfiati, senza aria, senza speranza! «Non c’è bisogno di essere eroi, basterebbe ritrovare il coraggio di aver paura, il coraggio di fare delle scelte, di denunciare»: DON PEPPE DIANA… GRAZIE!

[foto di Andrea Pellegrini]

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