I bambini ci scelgono. Ci scelgono come persone innanzitutto: per il nostro carattere, per il nostro modo di essere e di fare, per come parliamo con loro, per come li ascoltiamo, per i silenzi che impariamo ad accogliere e per la gioia che ci brilla negli occhi quando trascorriamo del tempo insieme. I bambini scelgono a chi rivolgersi per un mal di pancia, a chi fare il solletico, a chi uno scherzo, a chi donare un fiore, a chi regalare un disegno, con chi confidarsi, a chi chiedere aiuto, con chi arrabbiarsi, a chi rispondere male. Scelgono loro, anche quando crediamo di farlo noi.
I bambini scelgono molte di queste cose – e naturalmente molte altre – anche in base al nostro essere uomini o donne. Certo, non sempre, ma a volte ci sembra sia proprio così. Pensiamo a Chiara, ai suoi occhioni scuri e alla sua risata contagiosa. Aveva sempre tante cose da raccontare a Valeria (Kaa) e lo faceva con la sua aria tutta seria ma leggera, accogliendo volentieri le domande e arricchendo le sue storie di tanti particolari. Ma con Francesco (Bagheera), ecco, con lui era un’altra musica. Chiara era simpaticamente dispettosa, gli zompettava intorno e trovava ogni occasione buona per prenderlo in giro, fargli il solletico, saltargli addosso. E che dire di Federico? Sempre pronto a coinvolgere Francesco in grandi sfide – Bagheera, tu questo lo sai fare? Guardami! – ma che correva da Valeria se aveva perso qualcosa o se non stava bene. E così il piccolo Francesco, da Bagheera per giocare insieme a rincorrersi ma da Kaa quando la nostalgia di casa prendeva il sopravvento.
I bambini sanno chi hanno di fronte e sanno raccontarti la tua storia e come ti vedono e cosa desiderano da te e con te. Anche noi adulti crediamo di sapere chi abbiamo di fronte quando si parla di bambini. Eppure, quante sfumature ci sono! Certo, non solo se si parla di bambini, ma forse con i bambini è meno facile coglierle, perché è più difficile immaginare che ci siano. Beatrice Alemagna nel suo albo illustrato Che cos’è un bambino? dice che «Un bambino ha piccole mani, piccoli piedi e piccole orecchie, ma non per questo ha idee piccole». Ecco, questi sono i nostri lupetti.
È stato bello per noi abitare un tempo e uno spazio con i nostri bimbi; è stato bello lavorare in staff e condividere sguardi, sogni, progetti; è stato bello scoprirci adulti appassionati del mondo dell’infanzia e provare a esserne custodi. In staff ci siamo sentiti particolarmente arricchiti dal nostro essere uomo e donna, abbiamo imparato a viverlo come un dono. Per noi e per i nostri bambini. Abbiamo modi diversi di guardare ai bambini. Modi diversi di percepire ciò che i bambini sentono, provano, sono. Modi diversi di stare con loro, di giocarci, di parlarci, di correrci e di far loro le coccole. Francesco è il giocherellone per eccellenza, Valeria vola di più con la fantasia. Francesco va al cuore delle cose subito e punta a risolverle. Valeria si perde un po’ nei pensieri e pensa e ripensa e ragiona e rimugina. Francesco costruisce i rifugi con i bimbi nel bosco, Valeria inventa con loro le storie. Francesco suona tutto il canzoniere con la chitarra, Valeria riordina la cancelleria provando insieme a Flavio e ad Alice i pennarelli per vedere se vanno ancora.
Condividere i nostri modi di essere è stato importante, utile e prezioso, anche se non sempre facile. L’esperienza e il tempo trascorso insieme ci hanno insegnato come i nostri diversi sguardi potessero disegnare i bambini che ci erano affidati: a volte tratteggiandone i contorni, altre colorandone gli spazi bianchi, ma sempre avendo cura di lasciare spazi bianchi da riempire domani, con nuovi occhi. Il nostro staff – con anche Giulia e Marina – era il luogo in cui pensare, ridere, ragionare, discutere; il posto in cui eravamo d’accordo sempre e non eravamo d’accordo mai perché in primis come persone e poi in quanto uomini e donne approcciamo le cose in modo differente, dalla progettazione alla verifica.
Ma è in questo nostro modo così diverso di essere, capace di affascinarci e indisporci allo stesso tempo, che risiede la bellezza della diarchia: nel nostro essere uno – nell’intento educativo, nel progetto, nel sogno – pur essendo due; ciascuno con la propria personalità, la propria sensibilità, le proprie debolezze e le proprie forze. Ciascuno con la propria unicità di uomo e di donna, al di là degli stereotipi, delle forzature, del gioco di ruolo che non crediamo ci appartenga.
I nostri lupetti fanno con noi «tutto tutti insieme», proprio come in una famiglia. E “tutto” questo lo facciamo giocando, sorridendo, arrabbiandoci, aiutandoci, talvolta litigando. Maschi e femmine insieme, con un modo e uno stile diverso, ma insieme. E sono queste le differenze che ci arricchiscono: quelle che derivano dalla peculiarità di ciascuno, bimbo o bimba, grande o piccolo, uomo o donna. Ed è grazie al nostro essere diversi insieme che ci ritroviamo, ci riscopriamo, ci doniamo nuovamente gli uni gli altri e abitiamo un tempo che sa d’Amore. Perché in fondo Vi sono diversità di carismi, ma uno solo è lo Spirito.
Un commento a "Diarchia in unità"
Daniela 19 Settembre 2015 (14:03)
In un periodo di grande confusione dove essere maschio e femmina non è più un dono di Dio ma un qualcosa da “scegliere” in base ai gusti del momento, questo articolo è davvero bello: anche la famiglia è così, proprio per questo Dio ha inventato il papà e la mamma, maschio e femmina.
Questa è l’AGESCI che ho sempre amato.
Grazie
Una vecchia Mamma Lupa
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