1974, noi c’eravamo

QUI LE TESTIMONIANZE di Giovannella Baggio, Ottavio Losana, Maria Scolobig
Di seguito il resoconto dell’incontro. Foto: Andrea Pellegrini.

Non basterebbe un’intera notte attorno al fuoco! Ottavio Losanna, Giovannella Baggio, Attilio Favilla e Maria Zanolla Scolobig, fra i protagonisti di quel 4 maggio 1974, lo avevano detto subito: come si fa a raccontare in poco tempo un’avventura importante come la nascita di AGESCI? Buttando il cuore oltre all’ostacolo, è proprio il caso di dirlo, i quattro hanno accettato di partecipare a 1974, Noi c’eravamo, intervista a più voci sulla fusione fra Agi e Asci. Così il 25 aprile, sotto il tendone di Bracciano, ci hanno regalato un affresco unico della fondazione della nostra associazione, con racconti, emozioni e riflessioni capaci di farci tornare indietro di 50 anni e, allo stesso tempo, di guardare avanti di altri 50.

«Gioia, orgoglio, la sensazione di fare qualcosa di storico, ecco cosa provai quel giorno», ricorda Ottavio Losana (1946), piemontese, Capo Scout dal 1979 al 1985. «Si percepiva che saremmo arrivati al voto positivo, ma sentivamo anche forti resistenze soprattutto dall’ambiente ecclesiastico, spaventato da quella che definiva “promiscuità” educativa, e dallo sbilanciamento politico delle istanze associative». Maria Scolobig (1943), friulana, Capo Guida dal 1983 al 1985 e poi Presidente del Comitato nazionale fino 1989, conferma: «S’intuiva l’esito positivo della votazione, non senza qualche tensione in ambiente ASCI ed ecclesiastico. Ricordo un salone gremito, tutti in piedi, mi sentivo una privilegiata a essere presente, il futuro AGESCI era per me curiosità, trepidazione, attesa». «Una grande emozione ma anche una grande fatica. Furono giorni così intensi e stravolgenti che ricordo poco la cronistoria, mentre ricordo forti i sentimenti, i coinvolgimenti, i contrasti, i momenti decisionali», aggiunge Giovannella Baggio (1948), veneta, presidente dal 1980 al 1985 e poi Capo Guida dal 1996 al 1999, che spiega: «Dal Veneto siamo partite molta paura, non volevamo uno scautismo cristallizzato, ma capace di adattarsi ai bisogni delle bambine e ragazze di quel mondo in profonda mutazione: avevamo in mano, e la tenevamo forte e stretta, la nostra proposta di Patto Associativo. L’idea era anche di poter dire di no alla fusione! Ma poi ci siamo convinte che dire di no voleva dire allinearsi alla parte più tradizionalista dello scautismo, allora abbiamo scommesso su una via terza e su quel Patto Associativo che avevamo contribuito fortemente a impostare». Attilio Favilla (1941), toscano, capo Scout dal 1985 al 1989, è il più anziano fra i presenti: «Al momento della fusione non sapevo che cosa avremmo perso o guadagnato. È servita pazienza, costanza ma ce l’abbiamo fatta».

Oltre all’emozione, tutti – raccontano – sentivano la consapevolezza di star vivendo qualcosa di unico. Per Ottavio «l’unificazione fu un gesto di profezia. Oggi si parla tanto del ruolo delle donne, si critica la struttura patriarcale della società. AGESCI ha realizzato la diarchia 50 anni fa». E per Giovannella «fu come fare la promessa gli uni nelle mani delle altre con le mani sinistre che si stringevano e un bel saluto scout con la destra. E fu l’AGESCI!».

Unendo storie e cammini futuri, ASCI e AGI estrassero dal tesoro “cose nuove e cose antiche”. «Nell’immediato l’unificazione ha comportato discussioni a non finire sulle scelte presenti nel Patto associativo, sullo Statuto, sulla metodologia delle Branche e su tutti i successivi regolamenti e sul percorso della Formazione Capi. Ma penso che entrambe le associazioni siano educativamente migliorate incontrandosi nell’imparare facendo», dice convinta Maria. «L’ASCI perse il mito del capo, per la necessità di confrontarsi, di imparare a convivere con quella che stava diventando la Comunità Capi», riflette Ottavio. «L’AGI era un’associazione molto più piccola dell’ASCI, con capo molto più giovani. Aveva maturato l’attenzione a tematiche importanti quali l’educazione non direttiva, l’educazione non emarginante, l’autoeducazione, l’importanza dell’attenzione all’ambiente socio-politico, il ruolo della donna, la crisi della famiglia, il cambiamento dei mass-media», interviene ancora Giovannella ricordando alcune delle attenzioni che l’AGI portò in AGESCI.

I nostri quattro testimoni ricordano poi bene cosa comportò scegliere la coeducazione. «È stato il punto nodale e, nonostante le difficoltà incontrate, un’intuizione profetica. Abbiamo saputo guardarci dentro, guardarci intorno e guardare lontano anche se non tutte le realtà ASCI ed AGI erano consapevolmente pronte. Ciò che ha prevalso nella decisione sono state una lettura attenta della realtà giovanile, specialmente in certe fasi della crescita, e il senso di responsabilità dei Capi e delle Capo verso i bambini, i ragazzi e i giovani. Il metodo ci è stato provvidenzialmente di grande aiuto sia per scorgere le somiglianze sia per tener conto delle differenze», dice ancora Maria. Per Ottavio «la necessità di coagire con le ragazze portò a un miglioramento dello stile generale, più corretto anche nel linguaggio». Riprende Giovannella: «Ritenevamo la coeducazione un’urgenza educativa: il metodo scout doveva far trovare alle ragazze e ai ragazzi la loro vocazione di uomini e di donne vivendo l’esperienza scout insieme!». Con sincerità e la saggezza di chi sa anche cambiare idea, Attilio ammette: «Feci un intervento contrario alla diarchia, la più grande fesseria della mia vita». Poi aggiunge: «Quel che importa è raggiungere l’anima del singolo. L’educazione non si fa in massa, ci vuole rapporto umano».

Da tutti, quindi, un augurio per i prossimi 50 anni condensato in una battuta. Ottavio: «Lo scautismo sia profezia!». Giovannella: «Teniamo la metodologia ancorata ai valori, per diventare profeti!». Attilio: «Abbiate fantasia! Siate nuotatori dal fiato lungo che sanno buttarsi in molti modi diversi, con fantasia, competenza e sensibilità». Maria: «Ogni anniversario serve per far tesoro delle radici, per tornare all’essenziale, per fare il punto della situazione ed andare contro corrente. Ripeschiamo chi si perde. Ad multos annos, AGESCI!». Gli applausi scrosciano, è stato bello stare insieme, proprio come in una notte attorno al fuoco.

Laura Bellomi, caporedattrice Proposta Educativa

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