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SPERARE SPERANZA

Valeria Leone

È una fredda sera d’inverno in cui ci rischiara il calore del fuoco. Ci siamo ritrovati dopo un pomeriggio in cui abbiamo incontrato alcune realtà del territorio e c’è una domanda che risuona al centro del cerchio: Dove avete visto la speranza oggi?

Le risposte regalano uno sguardo di semplicità, quello necessario a scorgere la bellezza più tenue. Claudio racconta del volto di un neonato, in braccio alla sua mamma, nato qui, in una terra che non è la sua. Chiude il suo breve racconto dicendo “Guardandolo ho sperato speranza”.

Ho sperato speranza. Ho scritto immediatamente le parole di Claudio in una nota sul telefono perché
sapevo che sarebbero servite. A un primo ascolto possono suonare ridondanti, eppure mi sono sembrate fin da subito compiute. Hanno la potenza generativa del futuro, la mitezza umanissima dell’affidamento e la limpida genuinità dei 17 anni.

La speranza è il respiro del presente che guarda al futuro, è la capacità di attraversare ciò che ci accade consegnandone l’orizzonte a una promessa d’Amore e di Bene, è fiducia nell’altro che ci cammina accanto, è la consapevolezza che seppur soli non siamo mai soli davvero perché l’aiuto ci verrà dall’alto.

La speranza ha diverse sfumature e abbiamo provato a raccontarvene alcune, ben sapendo che quest’anno giubilare porta con sé molte riflessioni sul tema. Abbiamo provato a vedere la speranza nel nostro essere nel mondo, fratelli e sorelle in Cristo, capi scout. Abbiamo provato a ritrovarla nel nostro agire educativo, nella relazione che costruiamo con pazienza e costanza con i nostri bambini e i nostri ragazzi. Abbiamo cercato di percorrere insieme un cammino, articolo dopo articolo, ma anche di far sì che i singoli contributi vivessero della loro interezza anche da soli.

È stato un lavoro delicato e complesso per diverse ragioni, soprattutto perché in questi tempi incerti ci siamo immersi anche noi, con le nostre vite e il nostro servizio, e raccontare ciò che stiamo vivendo richiede la capacità di guardarsi dentro e al contempo guardarsi da fuori.

Mi piace immaginarci in cammino su strade di speranza, capaci di soffiare sulle braci per ravvivare gli orizzonti di futuro dei bambini e dei ragazzi (e anche quelli delle nostre Comunità capi) di cui sentiamo la responsabilità, intenti a trattenere nel cuore la bellezza che balena nel buio.

Un giorno, nella scorsa route invernale, il buio ci ha pian piano rivestiti mentre scendevamo verso il paese che ci avrebbe ospitati per la notte. Sebbene avessimo le torce, intorno a noi era tutto scuro, il tempo sembrava scorrere molto più lentamente che di giorno, oltre il cielo ci aspettavano le stelle ma non potevamo ancora scorgerle. A un certo punto abbiamo notato sul terreno scosceso e brullo dei fiori bianchi, ampi, ora solitari ora a formare piccoli capannelli. Ne siamo rimasti sorpresi, li abbiamo osservati più da vicino e Davide li ha prontamente ribattezzati “i fiori della speranza” e da allora nel nostro clan così si chiamano (abbiamo poi verificato, sono le rose di Natale). I giorni seguenti li abbiamo ritrovati alla luce del sole dicembrino, ma nella mia memoria continuano a rifulgere e illuminare il ciglio del sentiero quando avanza la sera. Che poi è quel che fa la speranza, con tutta la sua tenacia e la sua necessità perché, come cantava Battiato: “Com’è difficile trovare l’alba dentro l’imbrunire”.

 

Con questo numero inizia il servizio della nuova redazione di Proposta educativa

Hanno scelto di esserci e di provare a trovare le parole insieme a me:

  • Stefano Nova (Lombardia)
  • Marta Iatta (Piemonte)
  • Chiara Bonvicini (Trentino Alto Adige)
  • don Luca Delunghi (Umbria)
  • Francesca Santeusanio (Abruzzo)
  • Ruggero Mariani (Abruzzo)
  • Federica Palma (Campania)
  • Francesca Ricupati (Sicilia)
  • Daniele Di Bartolo (Sicilia)

A loro la mia gratitudine oggi e per i quattro anni che verranno.

La rivista è disponibile online, qui.