UN AMORE APPASSIONATO

di Valentina Enea

La sessualità è il frutto dell’educazione all’amore. Per questo, dice Amoris Laetitia, va messa al centro di ogni azione educativa. Ne parliamo con il teologo fra Paolo Benanti

 

«La gioia dell’amore che si vive nelle famiglie è anche il giubilo della Chiesa». Comincia così l’esortazione apostolica Amoris Laetitia (AL), la gioia dell’amore, scritta da Francesco a conclusione del sinodo dei vescovi sulla famiglia (2015). Al centro l’amore, appunto, anche nella sua dimensione più concretamente corporea. A 5 anni dalla pubblicazione, ne parliamo con il teologo fra Paolo Benanti.
– La Chiesa, si legge in AL, «non ha rifiutato “l’eros come tale, ma ha dichiarato guerra al suo stravolgimento distruttore, poiché la falsa divinizzazione dell’eros […] lo priva della sua dignità, lo disumanizza”». Cambia quindi l’idea del corpo come luogo di sole pulsioni, spesso mortificato o visto solo in funzione della procreazione?
«Dire che AL “cambi” l’idea del corpo non le rende giustizia. Va vista nell’ottica dell’approfondimento di una consapevolezza ecclesiale che è già nelle Scritture e per cui tutto quello che siamo non è a caso, ma è figlio di un progetto creatore di Dio, della nostra condizione creaturale. E allora è chiaro che in AL vi è una critica fortissima a quelle visioni che individuano in una parte dell’umano qualcosa di non voluta da Dio. Non è assolutamente corretto per un’antropologia cristiana pensare che il corpo sia uno scarto, sia secondario rispetto a quella che è l’esistenza umana tutta. AL ci ricorda che tutto quello che siamo viene dall’amore e va all’amore. Un amore che, come ci ha ricordato Benedetto XVI nell’enciclica Deus caritas est è Agape, Eros e Filia. Se noi dovessimo fare dell’amore cristiano solo Agape, cioè solo un qualcosa di contemplativo e spirituale, non sarebbe vero amore. C’è anche una parte di Eros. Ci deve essere qualche ragione per il fatto che un amore senza piacere né passione non è sufficiente a simboleggiare l’unione del cuore umano con Dio: “Tutti i mistici hanno affermato che l’amore soprannaturale e l’amore celeste trovano i simboli di cui vanno alla ricerca nell’amore matrimoniale, più che nell’amicizia, più che nel sentimento filiale o nella dedizione a una causa. E il motivo risiede giustamente nella sua totalità” (AL 142). E lo aveva già detto, in maniera molto forte e provocatoria, Benedetto XVI. Anche Dio è Eros, ci ama con il desiderio. Ecco, tutto questo è Amore, è corpo».

«Dio stesso ha creato la sessualità che è un regalo meraviglioso per le sue creature» (AL 151). Qual è la portata liberante di questa frase?

«Partiamo dalla consapevolezza che quello che siamo, il corpo che siamo, la sessualità che siamo, altro non è che un linguaggio dell’amore. E così anche tutti i suoi gesti. In AL 284 leggiamo che “il linguaggio del corpo richiede il paziente apprendistato che permette di interpretare ed educare i propri desideri per donarsi veramente”. Pensiamo a un abbraccio, uno spazio intimo che io dischiudo perché un altro lo posso abitare, in cui due vulnerabilità si toccano. Pensiamo alla carezza. O pensiamo al bacio, un’azione così forte in cui neanche lo scambio del liquido della saliva fa più impressione. Fino ad arrivare alla penetrazione. Tutto questo può essere linguaggio di Amore. Ma può essere anche ambiguo… perché un abbraccio può anche essere cingere l’altro per dire “sei mio e guai a chi ti tocca”. Può essere un appendersi all’altro come un naufrago fa a un gommone per non affondare, non affondare nel mare della propria solitudine. Il bacio poi può essere un divorare l’altro, una sorta di bulimia. La penetrazione sessuale infine, invece del massimo dell’amore per un uomo o una donna, può essere uno stupro o un gesto da film pornografico. Allora capiamo che tutta la sessualità è un linguaggio e come tutti i linguaggi si deve imparare. E deve imparare a parlare la lingua della autenticità, cioè la lingua dell’Amore. Gli animali hanno affidato agli istinti tutta la loro riproduzione, la loro sessualità. L’uomo invece è chiamato ad esprimere se stesso all’amore, attraverso gesti. La sessualità non è istintiva, ma è frutto di un’educazione: posso dire la verità, posso ferire oppure dire il bene che voglio a qualcuno. Ecco, stessa cosa per la sessualità. E questo non è forse un compito educativo? Il compito di capire il Bello che c’è. Accompagnare, discernere, integrare per formare giovani capaci di amare incondizionatamente».

– Già il Concilio Vaticano II prospettava la necessità di «una positiva e prudente educazione sessuale» che raggiungesse i bambini e gli adolescenti «man mano che cresce la loro età» e «tenuto conto del progresso della psicologia, della pedagogia e della didattica» (AL 280).  Quanto ancora rimane da fare oggi?

«Nelle sue catechesi sulla teologia del corpo umano san Giovanni Paolo II ha insegnato che la corporeità sessuata “è non soltanto sorgente di fecondità e di procreazione”, ma possiede “la capacità di esprimere l’amore: quell’amore appunto nel quale l’uomo-persona diventa dono”. L’erotismo più sano, sebbene sia unito a una ricerca di piacere, presuppone lo stupore, e perciò può umanizzare gli impulsi”. AL dice chiaramente che, siccome la sessualità non è spontanea, ma è il frutto dell’educazione all’amore, va messa al centro di ogni azione educativa che voglia essere veramente tale. Ed educare all’amore non significa fornire informazioni sulle malattie sessualmente trasmissibili o evitare alcune spiacevoli conseguenze, ma significa mettere la persona di fronte alla chiamata all’amore che le fa la vita attraverso la sessualità. Ed in questo accompagnarla, come fa un educatore nella scoperta e nell’autodeterminazione. Dice Francesco in AL 261 “Qui vale il principio per cui “il tempo è superiore allo spazio”. Vale a dire che si tratta di generare processi più che dominare spazi”. E al 267 prosegue “la libertà è qualcosa di grandioso, ma possiamo perderla. L’educazione morale è un coltivare la libertà mediante proposte, motivazioni, applicazioni pratiche, stimoli, premi, esempi, modelli, simboli, riflessioni, esortazioni, revisioni del modo di agire e dialoghi che aiutino le persone a sviluppare quei principi interiori stabili che possono muovere a compiere spontaneamente il bene”. È evidente allora che la preoccupazione non deve essere fornire una serie di norme per risolvere ogni dubbio. Ma di imparare a discernere senza dimenticare mai che “la realtà supera l’dea”».

– In AL 143 Papa Francesco scrive che «l’essere umano è un vivente di questa terra e tutto quello che fa e cerca è carico di passioni». C’è spazio nella Chiesa oggi per il mondo delle emozioni?

«Assolutamente sì. Basti vedere tutta la tradizione spirituale gesuitica di Papa Francesco. Gli esercizi spirituali di sant’Ignazio invitano a scorgere come l’amore di Dio tocchi tutti i nostri vissuti, nessuno escluso. Tutto ciò che viviamo è parte di questa nostra chiamata alla vita. “Provare un’emozione non è qualcosa di moralmente buono o cattivo per se stesso. Incominciare a provare desiderio o rifiuto non è peccaminoso né riprovevole. Quello che è bene o male è l’atto che uno compie spinto o accompagnato da una passione” (AL 145). È il Papa stesso ad affermare che “si può compiere un bel cammino con le passioni, il che significa orientarle sempre più in un progetto di autodonazione e di piena realizzazione di sé che arricchisce le relazioni interpersonali in seno alla famiglia. Non implica rinunciare ad istanti di intensa gioia, ma assumerli in un intreccio con altri momenti di generosa dedizione, di speranza paziente, di inevitabile stanchezza, di sforzo per un ideale” (AL 148). Allora l’invito, la sfida, è a guardare, a leggere le emozioni proprie e degli altri, non con uno sguardo non dall’alto, ma da accanto».

– Fra i tanti spunti di Amoris Laetitia, c’è qualche altro aspetto legato alla corporeità che come educatori scout dovremmo tenere in considerazione?

«Ogni ragazzo che ho davanti è una persona che in un momento della sua esistenza ha ricevuto una chiamata a vivere l’amore. Ecco AL dice che la chiamata all’amore è qualcosa che porta gioia. A volte faticoso, di certo complesso, ma comunque un processo gioioso, non di coercizione. È un processo di gioiosa scoperta di qualcosa che appartiene alla propria persona, alla propria costruzione dell’individuo significativo che si vuole diventare. Mi sembra che un’associazione che guardi all’uomo e alla donna della Partenza non può che risuonare di gioia di fronte a questa scoperta del sé. L’educazione all’amore può illuminare tutte le sue prassi educative. La Chiesa, soprattutto dopo l’esortazione apostolica, continua a sentire il bisogno di mettersi di fronte alla sessualità che, in quanto caratteristica dell’umano, ci interroga. Ne sono la prova tutte le iniziative dell’Ufficio Nazionale per la Pastorale della Famiglia, sorte soprattutto dopo il Sinodo dei Vescovi sulla famiglia e l’esortazione apostolica. Uno fra tutti il “Corso di Alta formazione in consulenza familiare con specializzazione pastorale”, che dura tre anni e mira a formare operatori in grado di rispondere alle sfide pastorali delle famiglie di questo tempo. Analogamente un’associazione che vuole accompagnare i giovani ad essere uomini e donne in grado di vivere a pieno la loro vita, non può che instaurare questo cantiere continuo di riflessione e azione… Per vivere l’umano in ogni stagione».

Paolo Benanti 
Già Assistente ecclesiastico di AGESCI Lazio, francescano del Terzo Ordine Regolare, svolge la sua attività accademica come docente di Teologia morale e Bioetica alla Pontificia Università Gregoriana di Roma. È docente incaricato all’Istituto Teologico di Assisi per il corso di Morale sessuale.  

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