TUTTO È MUSICA, TUTTO È SERVIZIO

di Nicola Cavallotti

La melodia trap dell’educatore e musicista don Claudio Burgio

A volte ci arrovelliamo alla ricerca di analogie strane e complicate, spiegare il mondo non è semplice e cerchiamo legami, connessioni, fra cose o discipline per trovare senso e significato. C’è chi invece non forza alcuna analogia ma semplicemente le incarna. Don Claudio Burgio è questo, e tanto altro. È educatore e musicista, compositore, cappellano del carcere minorile Beccaria di Milano, direttore cappella musicale del Duomo della stessa città, fondatore e presidente di Kairos, comunità per giovani in difficoltà.

Don Claudio, com’è nata la comunione tra musica e spirito nel tuo percorso?
«Fin dal principio l’intreccio fra musica e vocazione sacerdotale mi è parso inestricabile. Basti pensare che il mio primo maestro, quando avevo 8-9 anni, fu monsignor Luciano Migliavacca, musicista importante e direttore della Cappella musicale del Duomo. Mi accompagnò durante gli anni del coro di Milano. Un cerchio che si chiuse nel 2007, quando la Fabbrica del duomo mi chiese di assumere la direzione della stessa Cappella musicale diretta dal mio maestro. La mia è una storia vocazionale esistenziale fatta di cicli che in modi curiosi trovavano soluzioni interessanti per chiudersi. Dopo essermi dedicato per anni alla musicologia liturgica, come compositore, professore e collaboratore dell’Ufficio liturgico della curia, anche oggi – da cappellano del carcere Beccaria – la musica è strutturale nel mio servizio con i ragazzi, ma in una forma nuova: la trap».

Vivi incarichi e realtà diverse. A volte capita anche a noi capi di sentirci “presi” da tante richieste di servizio. Cosa tiene insieme la tua vita?
«C’è un disegno unitario nella mia vita. Il Vangelo è lo spirito che unisce, il ponte che salda la cella del Beccaria con l’altare del Duomo. Se vivessi il servizio con ragazzi così profondamente segnati da vite difficili disancorandomi dall’altare non riuscirei più a orientarmi e tanto meno a essere per loro un riferimento. Non potrei partire da altre ragioni, se non quella del Vangelo, per sostenere uno sguardo che al tempo stesso sia riconciliativo ed educativo. Nella vita ci sono tanti sguardi ma poi c’è uno sguardo unico che unifica che rende tutto visibile».

Poi c’è la musica che avvolge e coinvolge, che spiega il tempo giusto. Il Kairos, appunto. Dove sta la musica nella tua vita?

«La musica come il Vangelo è un collante straordinario. Oggi bisogna saperla ascoltare. Se vogliamo conoscere i giovani ed educare i ragazzi più difficili, non possiamo trascurare questo elemento che è la loro forma di comunicare. Dobbiamo prendere coscienza di questi linguaggi per quanto fuorvianti, giudicati e giudicanti, dobbiamo riuscire ad avere uno sguardo profondo e originale. Leggere in profondità una pagina antica di un canto gregoriano è importante quanto leggere un testo di musica rap, dotiamoci degli strumenti per leggere entrambe! La musica è arte, anche i canti di oggi comunicano tanto, sta a noi decifrare, decodificare questi stili».

Se il servizio è musica, qual è la melodia nel tuo servizio?
«Il servizio non è un’azione eroica, non è una sinfonia che viene reinterpretata, finisce e si conclude, è una melodia perenne che attraversa tutta la vita. Non concede la tregua del sentirsi arrivato. Vive di vari registri, a volte va in minore, assume i tratti della passione, della sofferenza e del dramma, e poi va in maggiore, ti permette di gioire, di trovare un senso più grande. Parlare di colonna sonora è riduttivo, come se fosse qualcosa che si giustappone alla vita, non è un sottofondo: il servizio è un’anima musicata pregnante e trasversale. Tutto è musica e tutto è servizio. È così che leggo le fasi della mia vita: c’è la stagione di Palestrina e c’è la stagione della trap. Una melodia che alle volte sembra non conciliarsi, fatta di generi ampi e opposti, ma piena di gesti eccezionali e inattesi che aprono assonanze, chiasmi tra vite lontane che si toccano lì, nel tuo servizio. Nella tua melodia».

Noi scout amiamo sorridere e cantare … sempre. Perché la musica è strumento educativo?
«È uno strumento educativo principe, permette di andare in profondità, far uscire emozioni e sentimenti. È l’arte più umana fra tutte, ti mette in rapporto con l’assoluto, con l’intimità. Zaccaria (alias Baby Gang, ndr) non si fidava dell’adulto. L’essermi introdotto nel suo mondo musicale mi ha permesso di entrare in un rapporto di fiducia che neanche la psicologa era riuscita a instaurare. Lo strumento musicale è diventato come una terapia. Anche musiche molto violente permettono di entrare nei vissuti, nelle esperienze di vita più dolorose. La musica è un veicolo per entrare in risonanza con il mondo emotivo proprio e altrui, di toccare con mano l’inquieto vivere di chi non riesce a esprimersi se non con la propria melodia».

Don Claudio Burgio
Fondatore e presidente dell’associazione Kayrós, che gestisce comunità di accoglienza per minori e servizi educativi per adolescenti, don Claudio Burgio – 53 anni – è un appassionato musicista e compositore. Dal 2007 al 2021 è stato rettore della Cappella musicale del Duomo di Milano. Fra gli altri libri, ha scritto
Una storia più grande di noi, un lavoro discografico per la catechesi degli adolescenti.

[Foto di Margherita Ganzerli]

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