Una promessa e un giuramento

di Valeria Leone

Caterina è vestita di blu, attorno a lei un cerchio di persone e silenzio. Le sue parole tradiscono una certa emozione. È un giorno importante. Caterina ha dodici anni e sta pronunciando la sua Promessa. È il 1995.

Quel momento sancisce un impegno e Caterina lo sa bene. I suoi anni di reparto sono intensi, si muove con facilità in quel mondo denso di tecnica e competenza, un mondo concreto, di poche parole ben spese, di progetti, anche di piccole cadute certo, ma è l’adolescenza. Si cade per forza. Caterina diventa capo squadriglia. È la tipica ragazzetta che può diventare capo squadriglia al terzo anno. E infatti così accade. Spigliata, mai sopra le righe, affidabile, operosa – dice il suo totem. Era un riferimento per tutti. In squadriglia e in reparto. Aveva anche raggiunto il brevetto di competenza. Non ce l’aveva nessuno. E poi suonava la chitarra e il piano, sapeva ballare, era praticamente madrelingua tedesca, un genio in matematica. Ed era pure carina. Per me era la caposquadriglia perfetta. Io me la ricordo, a condurre con tenacia quel “Delfine! Sull’onda senza fine!” e la ammiravo. E non solo perché eravamo amiche, ma perché era il contrario di me. Che la vita di reparto la digerivo a fatica, che le tecniche “proprio no” e che avevo troppi pensieri in testa in cui incespicavo costantemente. Il nostro urlo di squadriglia (ereditato, sia chiaro) era “Pantere: don’t worry, be happy”. Io ne ero quanto di più antitetico si possa immaginare.

Poi c’è stato il clan. Gli anni dei capitoli, delle grandi discussioni, dei dibattiti. Da Caterina ho imparato ad analizzare le situazioni, a non pensare solo con il cuore, ad avere un approccio pragmatico. Caterina, qualche anno dopo, diventa ingegnere e le cose le affronta così: c’è un problema? Si risolve. Caterina è stata capo reparto per sette anni, cercando di mettersi in ascolto dei ragazzi, accompagnandoli a scoprire il bello che si cela nella piccole cose e nello spendersi per gli altri, invitandoli a immaginare un mondo migliore e a costruirlo insieme, a partire dalle semplici azioni quotidiane. Da capo gruppo ci ha esortati a vivere il territorio, puntando alla collaborazione con le altre realtà cittadine. Perché non possiamo essere buoni cristiani e buoni cittadini da soli. Non siamo isole, seppur felici.

Caterina è vestita di blu, attorno a lei un cerchio di persone e silenzio. Le sue parole tradiscono una certa emozione. È un giorno importante. Caterina ha 33 anni, una fascia tricolore e sta pronunciando il suo Giuramento. “Giuro di osservare fedelmente la Costituzione italiana”. È il 2016. Caterina è la prima sindaca nella storia di questa città.

Il suo discorso di giuramento si apre così: «Pronunciare questo giuramento oggi mi riempie di orgoglio e di onore, immancabilmente mi riporta indietro di 21 anni. Era il 1995, avevo 12 anni e in un cortile dietro al primissimo municipio di Peschiera Borromeo a Mirazzano qualcuno mi insegnò questa breve formula: prometto sul mio onore di fare del mio meglio verso il mio Paese. È parte della Promessa Scout, sono parole che porto nel cuore da allora e che ritengo fondamentali nella scelta maturata qualche mese fa di spendermi per la mia città. Forse non è un caso che tutto sia partito proprio dal nucleo storico di Peschiera, in quel di Mirazzano. Da lì nasce il mio amore per questo comune, da lì nasce la consapevolezza che se vogliamo il cambiamento dobbiamo esserne parte attiva. Da lì nasce la certezza che la politica debba essere uno strumento per migliorare la qualità della vita di tutti e che “politica” sia qualsiasi gesto che ciascuno di noi compie, perché incontrovertibilmente ha una ricaduta sulla collettività».


Caterina Molinari è sindaca di Peschiera Borromeo, comune di circa 23 mila abitanti in provincia di Milano. Abbiamo raccontato la sua storia perché la sua passione politica  deriva soprattutto dall’esperienza ventennale nel gruppo scout. Lunghi anni che hanno rafforzato in lei la convinzione che ciascuno sia  chiamato a spendersi per il buon funzionamento della città e che sia fondamentale  mettere al centro il bene comune, al fine di costruire una comunità giusta, rispettosa  dei diritti di tutti e viva.

 

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