Non è giusto!

di Letizia Malucchi, Vincenzo Pipitone
Autori:

Crescere in Gpn grazie all’Associazione e come Associazione

C’è qualcosa che chi ha una formazione scout (e non solo, per fortuna) si porta sempre dietro, come una specie di filtro con cui analizzare il mondo. Uno strato, una pellicola che ti ricopre come fosse l’uniforme ma è più profonda, è una cosa che ti porti sotto pelle, che scorre nelle vene, che riordina i processi mentali e le reazioni davanti agli eventi e alle ingiustizie, anche quando l’uniforme non ce l’hai. I primi barlumi di questo sesto senso arrivano sin da quando a scuola la maestra dice «visto che non si è trovato il colpevole siete tutti in punizione» e pensi che se ciò fosse accaduto sotto la Legge del branco, Akela non sarebbe mai stato tanto ingiusto da proferire una frase del genere.

Proseguono quando da una radio durante uno JOTA JOTI (il “Jamboree-On-The-Air”, cioè il Jamboree dell’Etere) senti la voce di uno che sta in un posto tanto lontano che nemmeno sai dov’è, ma può comunque darti una lezione su come fare una sopraelevata da campioni. O quando hai l’occasione di incontrarlo davvero tra le tende in un Jamboree e il colore della sua pelle era un dettaglio talmente marginale tra tutte le cose che avete condiviso a distanza, che nemmeno avevi perso tempo a immaginare quale fosse. E quando davanti alla mala gestione di quella risorsa del territorio della quale durante il Capitolo hai approfondito veramente tutto, non ce la fai a rimanere in silenzio, e davvero devi urlare e coinvolgere più persone possibili; perchè hai capito ormai che questa res publica è davvero una cosa di tutti, e per questo è ancora più preziosa (invece di non essere di nessuno, come pare a qualcuno).

Pensiamo che questo vivere la fraternità internazionale, questa correttezza e rispetto che si consuma e si cerca di trasmettere ogni volta nelle piccole cose e nello spirito del Metodo e questo bisogno di sistemare anche le cose grandi come se tutto dipendesse da noi, si possa veramente chiamare, in ultima istanza, giustizia. Ed è bello poter dire che la giustizia, la pace, e la non violenza, come associazione, sono il nostro stile.

Un’associazione che non ha paura di chiedere e denunciare sui grandi temi di propria pertinenza e con il difficile esercizio della democrazia e della rappresentatività di ogni voce, di ogni censito.

Un’associazione che ci consente di vivere il grande gioco della democrazia in comunione, tra adulti, mai da soli. Nelle Comunità capi, nei consigli, nelle assemblee, in Consiglio Generale: che palestra di democrazia! E quanto è incoerente rispetto alla “scelta politica” il nostro silenzio, la nostra assenza lì dove il pensiero associativo prende forma, lì dove la voce dell’AGESCI diventa la nostra voce. Quanto fa a pugni con la nostra coscienza il nostro non esserci nei processi associativi, essere assenti lì dove siamo convocati per rispondere ai grandi temi che ci interpellano. Quante occasioni perdute!

Un meccanismo che si esplicita e prende forma anche con le grandi riforme in associazione, non ultima la Leonardo. E spesso purtroppo, anche con la lentezza che i grandi cambiamenti sociali meritano, ma che ci riempiono di frustrazione.

Tuttavia, quando uno scout conclude il suo percorso educativo, o il suo servizio, è davvero lì che si sparge il seme della giustizia e della pace. Quando andiamo nelle strade senza l’uniforme addosso ma con quel sesto senso, rimasto ormai sotto pelle, e attraverso il proprio lavoro e le proprie vocazioni si compiono scelte coraggiose, è così che le scelte della Partenza sono presenti nella società civile, frutto dell’educazione data e dell’amore ricevuto.

E quella “specie di filtro”, se coltivata, ci dice che c’è sempre un tempo per ogni cosa, «tutto ha il suo momento, e ogni evento ha il suo tempo sotto il cielo» (Qoèlet 3,1). C’è un tempo per urlare e un tempo per fare silenzio, fermarsi ed ascoltare, senza stare ai margini, ma sempre “protagonisti del nostro tempo”. Un tempo per lottare, assumersi rischi e un tempo per stare fermi e guardare. Un tempo per rispondere alla nostra coscienza che urla e momenti in cui ritemprarsi per poi riprendere vigore. “Quella specie di filtro” ci fa veglianti, sentinelle, ci tiene vivi, ci dona quella facoltà immediata di reagire, scrutare e abitare la realtà che viviamo; sapere leggere in profondità i segni dei tempi, la complessità per non scadere nella banalità della semplificazione. Ci fa stare dritti, in piedi e, parafrasando Borsellino, ci fa «sentire la bellezza del fresco profumo della libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità».

[Foto di Andrea Pellegrini]

Un commento a "Non è giusto!"

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    Giovannella 20 Febbraio 2023 (23:17)

    Bello, importante. Ma questa specie di filtro (chi scrive ha lavorato nel pubblico in particolare in Ospedale per 50 anni) è una costante, minuto per minuto nel lavoro quotidiano diurno notturno sabato e domeniche H famiglia, perché le scelte di ogni azione è un equilibrio tra il bisogno umano e tecnico della persona che sta di fronte a me, il mio sapere, la struttura in cui opero che mi costringerebbe a fare del mio paziente un cliente per finalità diverse dalla mia.
    Questa specie di filtro si fa lotta di vita per la Vita. Il mondo del lavoro è un grande meraviglioso gioco con tante prove dure da superare. Il mio è stato così e non finisco di ringraziare il Padre che mi ha condotto anche quando mi pareva di non sentirlo. È lì dove l’ orma nella sabbia era una sola!

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