Le trappole del web

di Vincenzo Pipitone

I dati del Viminale ci dicono che gli intensi e forzati contatti corporei durante il lockdown, sono stati la causa principale di un aumento dei reati legati alle violenze domestiche. D’altro canto da anni assistiamo, talvolta impassibili perché impreparati e inesperti, a nuovi e complessi fenomeni sociali che colpiscono in modo indiscriminato adulti, bambini, ragazzi e che prima dell’epoca della digitalizzazione non esistevano o esistevano in forme diverse, utilizzando altri canali. Clickbait, fake news, dark web, challenge social, haters, cyberbullismo, cybercrime, revenge porn sono vere e proprie trappole (a volte, purtroppo, mortali) che impongono a noi adulti, a noi capi, di interrogarsi sulla propria responsabilità di educatori. I principali bersagli dell’odio sono le minoranze, le donne, gli omosessuali, i migranti, ma anche i bambini, i ragazzi, i giovani dell’età dei nostri lupetti e coccinelle, scout e guide, rover e scolte. La mancanza di contatti diretti, concreti, di relazioni corporee reali, fanno sentire gli autori di determinate azioni meno responsabili delle conseguenze terribili che possono procurare. «Il fenomeno che sta esplodendo in Italia, collocandola al secondo posto in Europa dietro la Russia, è lo stalkerware, lo spionaggio per avere il controllo della vita quotidiana di un’altra persona», dice Giacomo Ebner, magistrato presso il Tribunale di Roma. «Lo stalker fa esplodere nei dispositivi, soprattutto Android, un’applicazione che si impossessa di tutti i dati del cellulare. Sono però noti ormai il sexting, ossia la diffusione di immagini a carattere erotico di un’altra persona, che magari ha dato il consenso alla foto ma non alla sua diffusione; e il revenge porn, quando la diffusione di immagini avviene per vendetta. In questa “famiglia” rientra tutta la sfera della pedopornografia in rete. Vi sono poi Il clickbait e il phishing, che riguardano la sfera economica: sistemi per attirare l’ignaro viandante della rete su siti specializzati a farsi dare i dati sensibili di una persona per trarne un’utile economico.

Non è ancora reato di per sé il cyberbullismo, che si attua ad esempio tramite i gruppi whatsapp oppure attraverso il ThisCrush, la bacheca virtuale dove si può parlare male in forma anonima degli altri… e pensare che era nata per fare le dichiarazioni d’amore… Non è reato di per sé ma può portare a compiere diversi reati: violenza, minaccia, diffamazione, sostituzione di persona, istigazione al suicidio (vi dice nulla il “gioco” Galindo?)».

Chiarisce Ebner: «Il bene giuridico, ossia la cosa o la persona che lo Stato intende tutelare, in questo ambito è l’integrità fisica della persona, il suo onore e la sua reputazione». Tali reati tentano di rispondere a nuovi fenomeni frutto dell’evoluzione tecnologica oltre che sociale, ponendo talvolta limiti apparenti alla libertà di espressione. «I limiti sono quelli dell’educazione e del Codice penale nei casi più gravi», continua Ebner. «Un limite però che introdurrei immediatamente è quello legato al diritto all’oblio. Qualunque cosa uno abbia detto o fatto, dopo un certo tempo o su richiesta dell’interessato deve essere automaticamente cancellata ovunque».

Mercificazione del corpo, bullismo, la legge del più forte, violenza verbale, anche alcuni programmi della “vecchia” TV con i loro perversi meccanismi, sono talvolta uno straordinario mezzo diseducativo. «Quando eravamo piccoli facevamo la conta recitando Ambarabà cicci coccò, tre galline sul comò che facevano l’amore con la figlia del dottore… Se ci pensate è una scena tremenda e infatti il dottore alla vista della figlia nell’orgia di penne e gambe si ammala. Eppure, noi sapevamo cos’era finzione e cos’era realtà. Quindi non mi preoccuperei molto dei messaggi diseducativi, se noi siamo bravi a fortificare chi li riceve».
E proprio sull’educazione poneva l’accento anche il giurista Cesare Beccaria, fin dall’Illuminismo: «Il più sicuro ma più difficile mezzo di prevenire i delitti si è di perfezionare l’educazione… e non colla incerta del comando, che non ottiene che una simulata e momentanea ubbidienza». Lo scautismo certamente può educare alla prevenzione, ha diverse soluzioni metodologiche, ma è sempre un esercizio affascinante attingere innanzitutto al pensiero del nostro fondatore. «La prima risposta, sembra incredibile, ce l’ha già data Baden Powell in un libro scritto agli inizi Novecento: Guida da te la tua canoa. Se pensate che il suffisso cyber, che indica tutto il mondo virtuale degli internauti, viene dal greco timone… ben si comprende che uno degli elementi portanti dello scautismo, l’educazione al saper discernere e al saper scegliere, è la soluzione che abbiamo già nel ricettario. Chi sa “timonare” la propria canoa nelle acque tempestose e a volte limacciose del web, saprà giungere sempre a riva.

Un’ulteriore risposta la dà sempre il metodo: fare affidamento sulla comunità di riferimento. Il principale alleato dei crimini informatici è infatti il silenzio della vittima».

Quindi competenza, in caso contrario rischiamo involontariamente di diventare complici di un sistema che fa dell’ignoranza altrui l’arma più micidiale.

Giacomo Ebner

Avvocato e poi magistrato in Sicilia e quindi a Roma come Giudice e G.I.P.-G.U.P., è stato presidente dell’Associazione nazionale magistrati di Roma. Ha ideato le Notti bianche della legalità e curato la Guida galattica per adolescenti, in uscita per Mondadori. Scout da sempre, cresciuto nel Roma 1 e già redattore di Proposta educativa, fra gli altri incarichi è stato anche Consigliere generale e Responsabile regionale.

Citazione

«I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli». Umberto Eco

[Foto di Giuseppe Noce]

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