Di Spartiti Lasciati Vuoti

di Valeria Leone

La bellezza fuori programma

Valeria Leone

Quanto tempo richiede il servizio. Quanto tempo si prende. Quante serate. Weekend. Ferie. Vacanze. E poi, a un certo punto, c’è chi dice che non ce la fa più. C’è chi dice che se fa scautismo non riesce a fare nient’altro. C’è chi dice che «non ha più una vita».
E spesso a dirlo sono i capi e le capo più giovani: il presente e il futuro dell’Associazione. Ne ho incontrati tanti e talvolta mi è parso che la fatica – comprensibile – che un servizio educativo come il nostro comporta, si fosse presa tutto il resto. Che la
fatica, la stanchezza, i calendari sempre pieni, la sensazione che “la vita fuori da qui” si incastri tra un impegno scout e l’altro, avessero offuscato la bellezza. L’avessero nascosta, relegata a piccoli barlumi di soddisfazione per un’attività ben riuscita, per una verifica positiva, per una riunione di Comunità capi andata bene.
Ma la bellezza è un’altra cosa.
La bellezza – e lo dico con tutta la consapevolezza che potrei risultare banale – è nelle cose che seppur piccole rendono uniche la nostra vita.
La nostra vita è certamente fatta di momenti straordinari: molti e molte di noi ricorderanno la prima vacanza con gli amici, la prima volta che ci siamo innamorati, il giorno del diploma o della laurea, il giorno in cui ci siamo sposati, il giorno della Promessa o della Partenza, ma anche il giorno in cui abbiamo perso una persona cara, quando abbiamo fatto un incidente o un infortunio, un periodo di malattia.
Sono momenti preziosi, che nella gioia come nel dolore, ci rendono persone uniche per la nostra storia, con le nostre ricchezze e le nostre fragilità.
Ma la vita si gioca nell’ordinario. Le nostre vite, così come quelle dei nostri ragazzi e delle nostre ragazze, sono perlopiù vite ordinarie. E la felicità è spesso custodita in piccole cose di tutti i giorni: un caffè con un amico, una cena con chi amiamo, un giro in bicicletta, un tuffo al mare, una camminata in montagna, un concerto sotto le stelle di giugno, un pranzo in famiglia, una telefonata inaspettata, un regalo di compleanno, un abbraccio con una persona che non vedevamo da tempo e chissà quante altre cose vi staranno venendo in mente. Cose che spesso vediamo e assaporiamo quando andiamo più lentamente, quando non ci lasciamo sopraffare dagli impegni e dalle scadenze, quando abbiamo occhi e cuore aperti al dono della vita.
E se fosse così anche nel servizio?
Se anche nello stare con i bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze, avessimo cura di stare più che di fare?
Se provassimo a non lasciarci guidare solo dalle cose ben inserite nelle caselle dei nostri programmi – come dalle note sullo spartito – , ma ad assaporare il tempo che ci è dato per stare insieme? Se provassimo a non dover avere necessariamente ogni istante dell’attività sotto controllo, programmato, pensato, definito? Se provassimo a lasciare una casella vuota, a far sì che si colori da sola, con ciò che accadrà senza di noi?
Se provassimo a cercarla davvero
la bellezza che scintilla nelle ore che passiamo con loro, a riconoscerla, a contemplarla, a custodirla e a cercarla ancora e ancora?
La bellezza nell’aspettarsi prima di un incontro, nel dire il nome di ciascuno quando arriva e chiedersi come stai, nel mangiare insieme intorno a un tavolo apparecchiato con cura, nel correre a perdifiato dietro un roverino, nel celebrare all’alba una Partenza sapendo che da quel momento in poi nulla sarà più come prima, nel fare fiesta con il reparto alla fine di un’impresa, nel fermarsi lungo la strada ad ascoltare il racconto di un anziano abitante della valle, nel pregare insieme per il nonno di Martina che è morto da poco e lei è triste, nel rinunciare a fare un gioco che avevamo pensato perché le coccinelle stanno costruendo da sole i loro rifugi nel bosco e allora andiamo anche a noi a giocare, nell’aprire un Vangelo all’imbrunire – alla fine di una giornata di strada – e raccontarci cosa dice alla nostra vita.

La bellezza di chiedersi scusa, di dirsi una parola di conforto, di confrontarsi su un episodio spiacevole, di decidere insieme le regole del campo, di starsi accanto in silenzio davanti al fuoco (che a volte a quindici anni hai solo bisogno di sentire che qualcuno è accanto a te).
La bellezza di ascoltare le domande e non avere tutte le risposte, ma
cercarle insieme. La bellezza di dirci che alcune cose della vita ci fanno paura, ma quanto può essere grande la speranza. (Che di più grande c’è solo la Carità).
La bellezza di sapere che ci sei, ci siamo, andiamo.

Il tempo del nostro servizio com’è? Adagissimo, sostenuto, allegro, andante con brio?  Quanti battiti al minuto? È un tempo esclusivo o in armonia con il tempo vitale? È integrato o isolato?

[Foto di Gianluca Poli]

4 Commenti a "Di Spartiti Lasciati Vuoti"

  • comment-avatar
    Marinella 5 Dicembre 2022 (20:20)

    Bellissimo questo articolo e tanto vero. Che poi alla fine se rimani in associazione e decidi di continuare a svolgere il tuo servizio è proprio perché sei riuscito a rallentare e a goderti gli attimi più belli insieme ai ragazzi e alla tua comunità. Però io credo che queste parole dovremmo dirle ai campi di formazione invece di parlare di programmi di unità, progetto del capo, progetto educativo, progetti e programmi cose se facessimo parte di chissà quale multinazionale. Forse sarebbe opportuno riscoprire la bellezza del proprio servizio e smetterla di organizzare tutto come se fossimo a scuola. I nostri ragazzi non hanno bisogno di altri insegnanti ma di testimoni capaci di godersi la vita nel qui ed ora.

    • comment-avatar
      Carla Di Sante 7 Dicembre 2022 (20:56)

      Articolo intenso e vero. A volte penso al tempo che trascorriamo in Associazione e mi chiedo quante ore parliamo di scoutismo, comunità capi, staff, riunione di zona ecc., rispetto a quanto tempo trascorriamo con i ragazzi che ci sono affidati. Ecco la differenza ci rende più o meno “leggero” il nostro servizio. La bellezza di essere capo!!

  • comment-avatar
    Lucrezia 5 Dicembre 2022 (23:09)

    Incredibilmente tutto vero, il vero respiro é il tempo passato con i ragazzi! La loro gioia, la loro vitalità non necessita di architetture strane e viene fuori per la gioia di stare insieme.

  • comment-avatar
    Roberto Getuli 6 Dicembre 2022 (8:00)

    Un articolo armonico, bello, concreto, scout. Una certa elefantiasi strutturale associativa non sempre risponde alle reali necessità educative. Pensare ai tempi, ai modi, agli spazi del tempo giocato con i ragazzi è il dono che si da e che si riceve.

Rispondi

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

I commenti sono moderati.
La moderazione potrà avvenire in orario di ufficio dal lunedì al venerdì.
La moderazione non è immediata.
I tuoi dati personali, che hai fornito spontaneamente, verranno utilizzati solo ed esclusivamente per la pubblicazione del tuo commento.