CREDO NEGLI ESSERI UMANI

di Paolo Di Tota Pattuglia nazionale branca E/G

Il servizio nella vita di reparto, naturale come fischiettare sotto la doccia

Dinanzi a voi m’impegno sul mio onor e voglio esserne degno per te o Signor… c’è chi l’ha letta canticchiando e chi mente! Alcune note fanno parte del nostro Dna, non possiamo prescindere dal cantarle ogni volta che ne abbiamo occasione, come il canto della Promessa, appena intonato riporta alla mente tante emozioni; si ripete ogni anno, più volte l’anno e, per noi capi, assume una valenza diversa ogni volta, pur non mutando mai le parole.

Abbiamo promesso sul nostro onore di fare del nostro meglio per aiutare gli altri in ogni circostanza. Ecco da dove parte la nostra propensione al servizio! Non c’è da pensarci troppo, l’abbiamo promesso, è una prerogativa del nostro essere scout, ma è anche una caratteristica dell’essere donne e uomini in questo mondo, come ci suggerisce Marco Mengoni con la sua canzone Credo negli esseri umani.

Anche la storia ce lo insegna: anni fa, uno studente chiese all’antropologa Margaret Mead quale fosse il primo segno di civiltà in una cultura. Lo studente si aspettava che Mead parlasse di ami, pentole di terracotta o macine di pietra, ma non fu così. Mead indicò un femore rotto e poi guarito, spiegando che nel regno animale se ti rompi una gamba muori, non puoi scappare dal pericolo, andare al fiume a bere o cercare cibo, sei carne per bestie predatrici. Nessun animale sopravvive a una gamba rotta abbastanza a lungo perché l’osso guarisca. Un femore rotto e guarito è la prova che qualcuno si è preso il tempo di stare con colui che è caduto, ne ha bendato la ferita, lo ha portato in un luogo sicuro e aiutato a riprendersi. La studiosa disse che aiutare qualcun altro nelle difficoltà è il punto in cui la civiltà inizia.

Tutto bello – melodioso possiamo dire – ma Giulia, Leonardo, Giovanni e Luce, le nostre guide e i nostri esploratori, come faranno a sentire questa melodia? Come faremo noi capi a far sì che il loro cuore batta come un tamburo nel mettersi al servizio dell’altro? La vita di squadriglia e reparto è un pentagramma vuoto che aspetta di essere riempito di note melodiose e colorate che accompagnano i ragazzi lungo il sentiero. La chiave di violino è la competenza: specialità e brevetti, maestri di specialità e competenza, con missioni e imprese rappresentano occasioni privilegiate dove realizzare le nostre Buone azioni, uno strumento semplice, che spesso releghiamo ai nostri fratellini e sorelline, in cui il mettersi a disposizione dell’altro è immediata e concreta forma di servizio!

Una specialità e un brevetto non sono solamente un distintivo cucito sulla camicia, ma un modo d’essere; conquistare una specialità attraverso impegni verificabili esprime lo sporcarsi le mani per inventare, costruire, aggiustare qualcosa che serva anche agli altri in squadriglia o reparto. Essere un maestro di specialità o di competenza significa mettere a disposizione dell’altro quanto imparato, far risuonare quelle capacità che possono aiutare l’altro a migliorare e migliorarsi.

Una missione affidata dai capi reparto potrebbe testare le competenze di una squadriglia svolgendo un servizio per qualcuno o per la collettività. E ancora, un’impresa è il modo più semplice con cui chi è più avanti nel sentiero si mette a disposizione dei più piccoli per insegnare e dare l’esempio e, nella fase dell’ideazione, attraverso lo scouting, i ragazzi guardandosi intorno possono scegliere un’impresa che abbia un impatto concreto sul mondo, realizzando qualcosa di utile e necessario in un determinato momento, in una determinata città o quartiere, per determinate persone.

La vita di reparto, quindi, senza troppi sforzi, è luogo privilegiato dove vivere il servizio, così naturale da non accorgersene talvolta; naturale come fischiettare sotto la doccia o durante una passeggiata, lo facciamo spontaneamente perché un motivetto ci è rimasto nella mente e cantarlo alleggerisce la giornata. Aiutare un’altra persona è proprio come cantare: alleggerisce chi lo fa e chi lo riceve.

[Foto di Giacomo Bindi]

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